lunedì 5 marzo 2012


Qualcuno ha affermato che L'italcementi non stia bruciando combustibile da rifiuto (sottolineiamo che non avrebbe neppure l'autorizzazione a farlo!), aggiungendo che invece -anche se a bassa visibilità- brucia qualcosa di più nocivo. 
Ebbene.. nelle sue labili lavorazioni incenerisce niente di meno che ciò che utilizza da quasi 20 anni a questa parte: pet-coke e pneumatici. E' ovvio che essi siano nocivi e ricordiamo, in questo post, che queste sostanze sono da sempre utilizzate all'interno dello stabilimento -nulla di nuovo!-.

In Italia si bruciano, ogni anno, tre milioni di tonnellate di carbone e coke di petrolio, o pet-coke. 
Questo combustibile è la crosta che rimane nelle vasche di decantazione del petrolio alla fine del processo di raffinazione, che viene grattata, macinata e messa sul mercato.Contiene idrocarburi policiclici aromatici (Ipa) e metalli pesanti (cromo, vanadio, nichel) oltre che zolfo e per questo fino al 1995 era considerato un rifiuto pericoloso.  Poi è stato sdoganato, e oggi viene preferito al carbone perché ha un potere calorifico più alto. Intanto, complice il mercato del petrolio, il prezzo del pet- coke è più che raddoppiato nell’ultimo anno e mezzo, e supera i cento euro per tonnellata. Il prezzo del combustibile incide per almeno un terzo sui costi di produzione. 

I 59 cementifici italiani (più altri 32 impianti di macinazione del clinker) hanno scelto di contenere le spese diventando inceneritori di rifiuti.Pneumatici, oli esausti, fanghi di depurazione e cdr (combustibile derivato dai rifiuti) diventano quindi combustibili alternativi nei forni del cemento.
 Come gli inceneritori, anche i cementifici vengono pagati per bruciarli. Una tonnellata di pneumatici, che all’interno di un forno hanno lo stesso potere calorifico di una tonnellata di carbone, frutta dai 5 ai 25 euro.In Italia se ne bruciano oltre 60mila tonnellate e oltre tra Barletta, Matera, Pescara, Scafa (sempre in provincia di Pescara) e Pederobba (Treviso), ecc..
Ma il confine tra combustibile e rifiuto è assai labile: il pet-coke può essere bruciato solo se contiene meno del 6% di zolfo e se almeno il 60% delle emissioni viene “fissato” nel prodotto finale. Cioè nel cemento. 

Un piccolo avvenimento da ricordare:  a Taranto, alla fine del 2007, in una discarica sono state sequestrate oltre 6mila tonnellate di pet coke, con un tenore di zolfo troppo elevato: era un rifiuto pericoloso ma era lo stesso destinato al forno dei cementifici.   

Similmente ai movimenti che appaiono non esserci, nonostante siano ugualmente vigili e molto preoccupati 
anche le emissioni persistono in questo territorio lontano dagli occhi e dalla coscienza di molti, purtroppo.

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