martedì 13 dicembre 2011

LEGGE COMUNITARIA CAVALLO DI TROIA PER GLI INCENERITORI



Interviene la Federazione della Sinistra sulla cosiddetta "Legge Comunitaria", lanciando un grido d'allarme contro Chiodi per un utilizzo "indebito" di tale legge, che sarebbe stata "infarcita" di norme improprie, meritevoli di provvedimenti indipendenti, con conseguente discussione specifica e voto separato.
La Legge Comunitaria sarebbe diventata, quindi, una sorta di Cavallo di Troia per far passare indebitamente gli inceneritori. Scrivono, infatti, Maurizio Acerbo e Antonio Saia in un comunicato congiunto: "La prossima settimana comincia nelle commissioni del Consiglio regionale l’esame della cosiddetta Legge Comunitaria: P.d.L. n.  336/11 - DGR n. 729/C del 07 11 2011 “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi della Regione Abruzzo derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea. Attuazione delle direttive 2008/98/Ce, 1999/105/CE, 2008/50/CE, 2007/2/CE, 2006/123/CE e del Regolamento (CE) 1107/2009”. (Legge comunitaria regionale 2011).
Da un primo esame balza agli occhi del voluminoso provvedimento che la giunta Chiodi sta utilizzando la legge comunitaria come strumento per far passare decisioni controverse che dovrebbero essere oggetto di specifici provvedimenti.
Segnalo due furbate gravissime alle quali ci opporremo “con ogni mezzo necessario”.

  • INCENERIMENTO RIFIUTI
L'art.5 comma 3, che modifica l'attuale piano rifiuti, promuove gli inceneritori e non c’entra nulla con le direttive comunitarie:
“ Dopo il comma 2 dell’articolo 4 della legge regionale 19 dicembre 2007, n. 45, è inserito il
seguente:
“2 bis. La Regione favorisce, altresì, l’aggregazione, anche progressiva, della gestione degli impianti di smaltimento finale presenti sul proprio territorio per disegnare un sistema impiantistico omogeneo ed improntato anche alla valorizzazione energetica dei rifiuti e allo smaltimento in discarica dei soli flussi residui.”.
L’articolo 4 della legge del 2007 è quello che fissa le “competenze della Regione” a cui ora si aggiunge quella di promuovere l’incenerimento.

  • QUALITA’ DELL’ARIA
L'Art.32 esautora completamente il consiglio dalla pianificazione della qualità  dell'aria. E' una cosa del tutto inaccettabile, viste le vertenze in corso sui progetti Powercrop, Histonia Energy, ecc.
Il Piano Regionale per la Tutela della Qualità  dell'Aria è stato approvato con Delibera di Giunta Regionale n. 861/c del 13/08/2007 e poi con Delibera di Consiglio Regionale n. 79/4 del 25/09/2007.  Nessuna direttiva europea prevede di esautorare il Consiglio regionale come intende fare la Giunta Chiodi.

Insomma è evidente che la Giunta intende usare il malloppone della legge come provvedimento omnibus.
Riteniamo doveroso che la legge comunitaria sia depurata da tutte le norme che nulla hanno a che fare con gli adempimenti richiesta dalle direttive dell’UE.
Ci batteremo in tal senso in commissione e in Consiglio.
Proponiamo a tutti i gruppi dell’opposizione del Consiglio Regionale di fissare nei prossimi giorni una riunione al fine di verificare convergenza su una battaglia comune.


giovedì 17 novembre 2011

La TUTELA DEL LAVORATORE in primis, come? COSì !

Muoiono gli operai all’inceneritore di Terni

Ne muore un altro. Sì, di quegli operai che lavoravano all’inceneritore di Terni, su cui è stata svolta una indagine della magistratura tesa a verificare la connessione tra le condizioni di lavoro e le malattie mortali che hanno colpito alcuni operai. E’ accaduto il 5 dicembre scorso – come riportato mercoledì 19 gennaio dal Giornale dell’Umbria – ma si è saputo soltanto oggi.
 E questo nuovo decesso, quello di Ivano Bordacchini, potrebbe allungare i tempi del deposito delle richieste di rinvio a giudizio da parte dei magistrati che, a questo punto, potrebbero volere approfondire eventuali ulteriori connessioni tra l’ambiente di lavoro e la condizione di salute degli operai. Richieste di rinvio a giudizio che, qualora gli elementi di indagine dovessero dimostrarsi consistenti, riguarderanno gli indagati, tra i quali figurano anche l’ex sindaco di Terni Paolo Raffaelli e numerosi dirigenti della municipalizzata, come l’attuale presidente Stefano Tirinzi e i predecessori Porazzini e Secchi.

Prima di Ivano Bordacchini, che è deceduto a causa di un tumore, è toccato al capoturno dell’inceneritore Asm, Giorgio Moretti, deceduto nel giugno del 2008. Ad indagare sulla vicenda è il pm Elisabetta Massini che ha messo nero su bianco l’accusa di omicidio colposo, in relazione alla morte di Moretti, mentre per altre 10 persone si procede sul filo delle lesioni colpose. A causa del nuovo decesso si potrebbe dunque appesantire l’impianto accusatorio, sulla scia degli ulteriori eventuali approfondimenti, nonostante una perizia eseguita da tre luminari, durante le indagini preliminari non aveva dato per certo il legame tra le mansioni lavorative di Bordacchini e l’insorgere del cancro, pronunciandosi come legame «incerto» e «improbabile». Nel dispositivo di conclusione delle indagini firmato nell’agosto scorso dal pm Massini è scritto: gli operai dell’Asm avrebbero respirato veleni «a causa di omissioni e cautele in violazione delle norme di igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro» commesse da 10 indagati che non avrebbero adottato «le cautele doverose a fronte della presenza di materie cancerogene nell’impianto» non avrebbero fornito «ai lavoratori adeguate informazioni» né fatto «formazione agli stessi».


21 gennaio 2011

FONTE: spoleto5stelle.ithttp://www.spoleto5stelle.it/muoiono-gli-operai-allinceneritore-di-terni/



ARTICOLO DI GIORNALE:    
http://www.osservatorioumbria.it/file_rassegna/inceneritore.pdf

Contestualizziamo: VALPESCARA, un territorio "SANO".

Val Pescara: il Wwf denuncia inquinamento dell'aria fuori controllo, drammatici i dati di Spoltore

L'inquinamento dell'aria a Pescara e in Valpescara e' del tutto fuori controllo, con dati drammatici a Spoltore. Lo afferma il Wwf in una nota. "Nella centralina ARTA del comune di Spoltore sono stati raggiunti 111 giorni di superamento per le polveri sottili (PM10) contro un limite annuo delle norme comunitarie e nazionali di 35 giorni di superamento. A Pescara - aggiunge l'associazione ambientalista - due centraline hanno, rispettivamente, 49 e 48 superamenti".
"Sono dati veramente drammatici", dichiara Loredana Di Paola, delle segreteria del Wwf Abruzzo.
"I lvelli di inquinamento indicati dalla centraline dell'ARTA - afferma - producono con certezza danni diretti alla salute dei cittadini. L'Organizzazione Mondiale della Sanita' ha chiarito che per ogni aumento di 10 microgrammi/mc di polveri PM10 si ha un aumento percentuale della mortalita', dello 0,6% considerando tutte le cause di morte, dell'1,3% considerando la mortalita' per le sole malattie respiratorie e dello 0,9% se si prendono in considerazione i dati di mortalita' delle malattie cardiocircolatorie. Questo senza considerare i danni all'organismo derivante dagli altri contaminanti presenti solitamente nelle situazioni di forte inquinamento dell'aria. Da una rapida verifica, il dato della centralina di Spoltore e' superiore a quello di tutte le centraline della Lombardia e del Veneto, regioni padane dove l'inquinamento e' a livelli record a scala europea".
"Il Wwf - prosegue la nota - stigmatizza anche la parzialita' dei dati raccolti dall'ARTA che non rispettano i parametri indicati nel Piano di Qualita' dell'Aria della Regione Abruzzo, approvato ormai da 4 anni. Infatti non vengono monitorate le polveri ultrafini (PM2,5) e altri inquinanti quali i pericolosi Idrocarburi Policiclici Aromatici e i metalli pesanti. A Chieti scalo hanno realizzato un monitoraggio per un solo mese e per giunta in piena estate con le fabbriche chiuse. Per l'associazione le amministrazioni non possono continuare a far finta di nulla, concedendo, ad esempio, nuove autorizzazioni per scarichi in atmosfera industriali nella Val Pescara o rinnovando quelle vecchie senza provvedere prima ad abbattere questi livelli di inquinamento record. Per questo il Wwf ha diffidato tempo fa la Regione Abruzzo ma non e' cambiato praticamente nulla. Inoltre e' urgente varare provvedimenti draconiani sul fronte della mobilita' sostenibile. E' veramente sconsolante osservare che la realizzazione di nuove strade e il restyling di quelle vecchie (e' il caso di via Tiburtina a Pescara) non prevedano neanche una pista ciclabile, nonostante siano obbligatorie per il Codice della Strada. Per Spoltore abbiamo letto che la soluzione individuata dalle amministrazioni sarebbe la costruzione di nuove bretelle: come se spostare di qualche metro il traffico possa far scomparire le emissioni che, complessivamente a scala sovracomunale, rimarranno quindi inalterate".

martedì 25 ottobre 2011

Famosi Luoghi Comuni:
"MA L’INCENERITORE DI VIENNA E’ IN CENTRO CITTA’"

E’ un falso argomento, perchè:

L'Austria è un esempio di come si può fare a meno degli inceneritori

L’impianto di Vienna - Spittelau venne costruito nel 1969: in pratica un’altra “era geologica” nella gestione dei rifiuti, la stessa epoca in cui veniva costruito alle porte di Firenze l’inceneritore di San Donnino, inaugurato nel 1973 e poi chiuso nel 1986 a causa delle eccessive emissioni di diossina, tali da contaminare i terreni circostanti. Ha una potenzialità di 250mila t/a e fu costruito in città allo scopo di fornire energia termica al vicino ospedale. Sebbene fosse stato costruito con una tecnologia ormai obsoleta, non è stato più demolito, perchè grazie alle sue caratteristiche decorazioni stile Secessione Viennese è ormai diventato un landmark turistico della città. Nel 1985 è stato ristrutturato ed adeguato alla normativa ambientale con l’aggiunta di una sezione di depurazione fumi.
A Vienna è presente un altro inceneritore, quello di Flötzersteig, da 180mila t/a. E’ per molti aspetti simile a quello di Spittelau: fu costruito tra il 1959 e il 1963, è situato in città, a 4,5 km dal centro, per fornire calore ad alcuni ospedali.
Da allora, in Austria per 30 anni si è fatto a meno di altri inceneritori e solo recentemente sono stati costruiti alcuni impianti: 4 impianti che trattano rifiuti speciali e una quota di rifiuti urbani residua da una differenziazione a monte estremamente spinta, più 3 inceneritori a letto fluido, che trattano fanghi di depurazione e rifiuti ad alto potere calorifico, prevalentemente di origine industriale.
Si deve tenere presente che in Austria viene inviata a recupero energetico anche una quota delle 170mila tonnellate di 'frazione leggera' differenziate ogni anno: ARA AG destina a 'recupero energetico' circa 100mila t/a di frazione leggera, composte in prevalenza da rifiuti plastici misti.
Dopo la costruzione dei due impianti viennesi, si è dovuto attendere 30 anni prima che - nel 1995 - venisse costruito l'impianto di Wels, una piccola linea di incenerimento da 30mila t/a che è comunque solo una delle sezioni di processo di un impianto integrato da 160mila t/a per la selezione e il riciclaggio di rifiuti domestici, industriali e di costruzione. Recentemente, a Wels è stata realizzata una nuova linea di incenerimento che tratta 230mila t/a.
Nel 2004 sono entrati in funzione gli impianti di Arnoldstein (80 mila t/a trattate) e Zwentendorf/Dürnrohr (300 mila t/a trattate).
Nelle quattro regioni occidentali dell'Austria, ad oggi non è attivo alcun impianto di incenerimento.
In conclusione, citare l’Austria come esempio significa in sostanza indicare un paese che negli ultimi 50 anni ha sviluppato uno dei sistemi più avanzati al mondo per la riduzione alla fonte e il recupero dei rifiuti, basato ad esempio su sistemi di avanguardia per la tariffazione puntuale dei rifiuti, che vengono applicati con successo in tutto il territorio austriaco ormai da 20 anni. Un paese in cui gli impianti di incenerimento trattano solo una quota residuale di un avanzatissimo sistema di RD e riciclaggio. E dove ci si è guardati bene dall'ubicare i nuovi impianti all'interno di centri abitati. 


In altri termini, i veri esperti di rifiuti portano come esempio l’Austria non per un impianto obsoleto, risalente alla stessa epoca del famigerato inceneritore di San Donnino a Firenze, bensì per l’organizzazione dei sistemi integrati di gestione dei rifiuti, a partire dai metodi di raccolta domiciliare, tra i più efficaci al mondo nell’applicare il principio “chi più produce rifiuti, più paga”.

http://www.inforifiuti.com/

martedì 11 ottobre 2011

Termovalori..che?


Entrare in un impianto di incenerimento, è sempre come entrare all'inferno. Prima di tutto per il calore. Poi per l'odore. Per l'odore di morte. Morte non solo umana, ma proprio morte della materia, morte di atomi e molecole e oggetti che manipoliamo nella nostra vita.
Ci guida un tecnico dell'impianto. Preparato ed anche simpatico. Certo, ogni tanto bisognava rimetterlo sui binari, perchè gli piaceva divagare, con espressioni dialettali in bresciano che io - napoletano - non sarei in grado di ripetere.
Ma già all'inizio salta subito all'occhio un particolare stonato, quando ci dice, mentre in sala conferenze ci mostra la sezione longitudinale dell'impianto, "La temperatura in cima alla griglia è di 1150 gradi", e poi prosegue senza dire le altre temperature. Eh no, non ci sto. In un impianto a griglia mobile la griglia non può essere orizzontale, e siccome la termodinamica non è un'opinione, la temperatura lungo la griglia non è costante. Io voglio sapere la temperatura media, o almeno il gradiente verticale di temperatura, cose che si guarda bene dal dire. Non importa lo scoprirò.
Ci mostra i filtri a manica, quelli che ripuliscono i fumi prima dell'immissione al camino. Sì sì, d'accordo, il filtro a manica è geniale come meccanismo ma... i pori del filtro hanno un diametro di 6 micron, pertanto tutte le nanoparticelle di diametro inferiore ai 6 micron non vengono filtrate, e vanno in atmosfera.
Qualcuno in sala (non io) lo fa notare, il relatore glissa, glielo fanno notare ancora. Prima dice: "Ecco, come al solito c'è sempre qualche contestatore". Alla fine tenta un baratto del tipo: "Ok, ammetto che ci sono nanopolveri, ma voi ammettete che non c'è diossina". I polli ci cascano, e dicono che va bene, non c'è diossina.
Per me potrebbe anche andare bene, perchè la molecola di diossina ha un'energia di legame tale che a poco più di 850 gradi centigradi si rompe, e lui ha detto che la temperatura in cima è 1150. Il problema è che la temperatura in cima è quella massima. Io voglio sapere la temperatura media. Ma taccio. Tanto prima o poi i nodi vengono al pettine.
Un altra persona del pubblico fa domande sul tipo di materiali che vengono bruciati. Qui il relatore ammette senza problemi che si tratta di un problema politico e non tecnologico. Ed ha ragione. Viva la sincerità.
Si passa per le ceneri tossiche, e qui la figura di merda arriva immediata.
La prima frase del relatore è: "Insomma qui inceneriamo per non fare la fine della Campania, che manda i rifiuti in Germania". La Campania ha mandato i rifiuti (tal quali) in Germania solo per pochi mesi, nel 2004, per via ferroviaria. Ma non è un problema. Il problema sorge quando qualcuno chiede: "Ma le scorie tossiche di cui restano impregnati i filtri, dove vanno a finire? Mica in discarica!"
Risposta del relatore: "Questo impianto esiste da 9 anni, e fin dal primo giorno, le scorie le mandiamo in Germania, con due o tre camion al giorno."
Viva la sincerità.
E finalmente arriva la slide tanto agognata: quella delle emissioni. E qui casca l'asino. All'ultimo rigo c'è scritto: TCDD 0,1 nanogrammicubi.
Alzo la mano.
Io: "Vedo all'ultimo rigo dell'elenco che c'è una quantità non nulla di tetraclorodibenzo-p-diossina (è vecchio il trucco di chiamarla TCDD), ma non aveva detto che di diossine non ce ne sono?"
Lui: "Beh, lo zero assoluto non esiste".
Io: "No scusi, non capisco. Mi ha detto che la temperatura è di 1150 gradi centrigradi..."
Lui: "Certo!"
Io: "Ma da questi numeri che vedo sulla slide, si vede che la temperatura media è attorno agli 850 gradi. Sono fumi da comustione a circa 850 gradi".
Lui: "Sì perchè le scorie che cadono... " e glissa la domanda mettendosi a parlare delle scorie!!!
Io: "No scusi, ma la domanda era un'altra. La temperatura non è costante lungo la griglia.."
Lui: "Certo! Infatti quando raccogliamo le scorie..." e giù con i camion che vanno in Germania. No, non ci siamo. Glissa ancora!
Io: "Le sto dicendo che il vostro forno ha temperatura media a 850 gradi, per cui non è vero che eliminate la diossina."
Lui: "Ma... le ho detto all'inizio che sono 1150!"
Io: "1150 è quella massima, poi la griglia è inclinata, i rifiuti rotolano lungo la griglia a temperature inferiori, e si produce diossina."
Lui: "Ma no, ma quale diossina.. le ripeto, lo zero assoluto non esiste".
Io: "Certo che esiste. Poco sopra gli 850 gradi la molecola di TCDD si rompe, voi siete al di sotto."
E qui succede l'assurdo. Il relatore perde i nervi e mi sbraita: "Lei dice 850 gradi? Ed io le dico questa informazione se la tenga per lei!"
(col cavolo che me la tengo per me! o no?)
Io: "Ma... sto solo facendo una osservazione innocente, non sto contestando..."
Lui: "Ma voi allora siete in malafede!"
Sì sì, se continuiamo così... mi sembra di essere di nuovo tornato a Marigliano, a sentire il senatore Barbato che accusa un cittadino (che è anche un amico) di essere uno che lo sta offendendo.
Ok, non c'è bisogno di spingermi oltre. Si è capito che l'impianto non è in grado di eliminare la diossina dalle emissioni. Quindi, meglio non parlare di furani e fenili, se no qua il poveraccio si metterà a piangere. Ma un'ultima cosa devo dirla.
Io: "Questo è un impianto a tal quale, vero?"
Lui: "Certo!"
Io: "Come avete risolto il problema dell'umidità?"
Lui: "Guardi che questo problema per il tal quale non c'è. Mica siamo un impianto a CDR, noi!"
Io: "Appunto... nella mia regione vogliono costruire impianti a CDR..."
E qui c'è il momento più bello. Lui in un inceneritore ci lavora, e lo conosce bene. Sentire quindi da lui frasi come: "Lei non ha idea di che problemi enormi può dare il CDR", "Se la selezione non funziona alla perfezione, il CDR sarà un disastro", ed altre cose che mi hanno dimostrato che in Campania abbiamo capito bene come stanno le cose :)
Poi, presi dalla stanchezza, siamo andati a vedere l'impianto.
La fossa. Entriamo dalla fossa, dove avviene il conferimento, sull'estremità sinistra del disegno qui sopra, dopo essere passati per il punto di controllo per evitare che vengano immessi materiali radioattivi nell'impianto. Scenario di metallo sporco e consunto. Odore di monnezza e di ruggine. La sensazione che resta appiccicata addosso è quella di essere entrati nella città di Zion, ed essere involontarie comparse di Matrix: stessi colori, stessa atmosfera. Brutto. Molto brutto.
Ci supera un camion che va a mettersi a retromarcia ad una delle imboccature della fossa, e caga monnezza giù. Ci affacciamo ad un boccaporto. Dentro ci saranno (molto ad occhio) tra le 6000 e le 7000 tonnellate di monnezza, datata anche di qualche giorno. Immaginate da voi odore, colori, spettacolo.
Che peccato. Tanta materia. Materia della terra, della società, che potrebbe essere usata chissà per quante cose, che invece è condannata al martirio. Al rogo.
Vedere per credere.

La turbina. Vista da vicino, e da sotto, sembra grande. In realtà è meno della metà di una turbina da idroelettrico, e fin qui è anche normale: gli attriti in gioco con l'idroelettrico sono molto maggiori, lì è acqua. Ma è piccola anche rispetto a quelle delle centrali a vapore, petrolio o carbone che sia.
C'è poco da fare. 70 Megawatt. Si ottengono 70 Megawatt da 2000 tonnellate di rifiuti...! Se si sottrae un 30% che costituisce le ceneri/scorie, facendo un conteggio molto approssimativo del calore prodotto, che riscalda la caldaia ad acqua, da tutto questo vapore si ottengono appena 70 Megawatt di potenza elettrica. Se si fa anche a mente un banale calcolo del rendimento, ci si accorge che è un giocattolo, non una centrale di produzione di energia.
Possiamo spacciarla quanto vogliamo per una macchina in grado di fare energia da rifiuto, ma l'energia è pochina, a dire il vero. E' una grande macchina a vapore, ma quasi tutto il calore va in entropia, e ben poco in energia.
Inutile paragonare questo tipo di (scarsa) produzione energetica al petrolio, cosa puntualmente fatta dalla guida. Proprio con il petrolio occorre fare il confronto? Cioè con il tipo di alimentazione per macchine a vapore più inquinante in assoluto? Mi sembra un po' una speculazione. E se sommiamo a questo il fatto che con quantità inferiori di petrolio si ottengono centinaia e centinaia di Megawatt di potenza...
...insomma, mi sembra che ci stiamo prendendo in giro.

Il teleriscaldamento. 400 Km di gallerie e tubature sotto la città, coincidenti con il tessuto stradale. Fino a portare il calore nelle case. E' per questo che la turbina è piccola (e leggera) occorre far perdere quanta meno pressione possibile al vapore. Si perde molto, è vero, ma qui la fregatura è un'altra. Non è tecnologica. E' solo politica ed economica. Diciamo che in base ad un meccanismo decisamente perverso... quel che succede è che i cittadini pagano due volte per la stessa cosa. Ma è un meccanismo talmente perverso che magari lo spiegherò un'altra volta, perchè poi mi arrabbio :) No no, il CIP6 non c'entra, visto che l'impianto di Brescia non gode di questi soldi, non ha il CIP6. E guadagna lo stesso, grazie a questi perversi meccanismi.

Le scorie. Accidenti quanto sono brutte. Le scorie raccolte sotto la griglia, sono simili a ghiaia/brecciolino di colore grigio grigio bruciato. Contengono tutte le parti non combustibili alla temperatura della griglia: metalli ed altre schifezze.
Sono pietruzze altamente tossiche, come tutti o quasi i prodotti di combustione, e vanno tombate in discariche di seconda categoria B: discariche per rifiuti speciali nocivi. Carino invece come la nostra guida abbia ammesso che le mandano nelle discariche per i sovvalli...


Poi ci sono le scorie fermate dai filtri. Sono quelle che finiscono polverizzate e vengono portate via dal fumo. Infatti sono anche dette "polveri di abbattimento fumi". Vengono fermate dai filtri (quelle di diametro aerodinamico maggiore di 6 micron! Quelle più piccole invece vengono immesse in atmosfera). Sono più pericolose di quelle precedenti: non posso essere assolutamente ingerite o inalate. Contengono metalli pesanti polverizzati, furani, e schifezze dal peso molecolare alto, dai nomi lunghi. Da quando esiste l'impianto, vengono mandate via autocisterna in Germania, pagando, dove vengono stoccate e tombate in miniere dove è finita da anni l'attività estrattiva.
Divertente ascoltare come la guida ammette la cosa.

Altre cose. La cosa più divertente, è la cabina del gruista. Un uomo, seduto e in condizioni di forte stress, manovra la grande gru prensile, montata su un carro ponte. Con una abilità manuale spaventosa, manovra due leve elettriche, con la quale fa scendere la grande mano metallica sul fondo della fossa. Muovendo le grandi dita della gru, rivolta il cumulo di rifiuti, lo fa diventare omogeneo il più possibile, poi ne preleva una quantità compresa tra i 2500 ed i 5000 Kg. Li solleva fino a 40 metri di altezza, e poi li lascia cadere nella larga imboccatura ad imbuto della camera di combustione. Ma non può lasciarli cadere così alla rinfusa. Socchiudendo e richiudendo rapidamente le dita della gru, deve spargere il carico sul bordo dell imbuto. Se sbaglia, si avranno emissioni fuori norma al camino! La mia impressione, è che se l'impianto dovesse sforare i limiti di legge per i fumi velenosi... darebbero la colpa all'operaio gruista.
Un lavoro stressante. Su turni distribuiti sulle 24 ore. Ci lavorano anche molte donne. Un lavoro che richiede una particolare sensibilità: meglio viene fatto, e minori saranno le emissioni di fumi...
E mentre riprendo la scena (disturbata dalla rifrazione del vetro), la guida mi dice: "Tu stai riprendendo troppo, mi sa che sei una spia"!

La plancia di controllo la conosciamo tutti: viene mostrata in TV molto spesso.
Sbirciando gli strumenti, ho la prova di quanto detto all'inizio: una delle tre linee era spenta per manutenzione, le altre due mostravano temperature medie attorno ai 920 gradi, ma ogni tanto (a seconda di come il gruista lasciava cadere i cumuli), scendeva anche a 814. Quindi, i miei dubbi restano.

Uscendo dall'impianto, si ha una sensazione di tristezza. Una sensazione di morte. Un pensiero va ai fumi che hanno superato la prova del filtro, e che 24 ore su 24 vengono dispersi nell'atmosfera. Sono tanti e sono velenosi.
Uscendo, la guida mi dice ancora una volta: "Attenti con quel CDR...". Avrei dovuto anche fargli notare che l'impianto a CDR che vogliono costruire... non è da 2000 tonnellate al giorno, ma da 4000. Giusto il doppio.
In pratica, sono entrato con qualcosa che non è un pregiudizio, ma è la certezza scientifica della nocività e della non convenienza di un inceneritore, e la visita mi ha convinto che avevo visto giusto.

Condiviso dopo uno zapping lento tra notizie dal web.
Vi consigliamo di approfondire guardando con attenzione i video postati nella pagina fonte del testo:
http://alex321.splinder.com/post/12201764

giovedì 8 settembre 2011

"Critica dell'incenerimento"

Ripropongo ciò che ho trovato nelle ricerce di informazioni dettagliate a proposito della questione Incenerimento.Credo sia fondamentale leggere attentamente tutto ciò che viene esposto a riguardo per avere concreta chiarezza a proposito di tale argomento.
Vi invito perciò a rimboccarvi le maniche e a leggere tutto il "popò" di cose che vi sto per presentare.
Buona lettura e presa di coscienza, per chi l'avesse in dormiveglia.



Convergenza di interessi politico-economici sull’incenerimento.

In Italia sono attivi 47 inceneritori e ne sono previsti altri 57 di cui 13 al sud. Si tratta di un’enorme affare economico il cui referente principale è la grande impresa, Fiat in testa. Se pensiamo al costo di costruzione di un inceneritore e al suo mantenimento ci rendiamo conto di quanto sia una scelta assolutamente assistenzialista nei confronti delle grandi imprese, e deleteria nei confronti delle popolazioni locali
La creazione e gestione di mega-impianti a forte impatto ambientale è risultata essere una scelta perdente sotto tutti i punti di vista. Tranne per chi li costruisce e li gestisce.
Da questa serie di considerazioni possiamo cominciare a trarre alcune prime sommarie conclusioni.
Quello che viene definito ciclo integrato dei rifiuti (fig.1) funziona nella realtà come un processo unilineare (fig 2).
L’immondizia una volta raccolta, sia in forma differenziata che non, viene avviata alle discariche (“strumento obsoleto” decreto Ronchi ndr) o ai CDR dove senza alcun processo di selezione viene confezionata in ecoballe che bruciano sia negli inceneritori che nei cementifici (CDR combustibile da rifiuto).
La base del ciclo integrato dei rifiuti dovrebbe essere, invece, la raccolta differenziata, la riduzione dei consumi, il riutilizzo. La totale assenza di strutture necessarie a svolgere questa fase preliminare fa della raccolta differenziata solo uno strumento di propaganda, uno specchietto per allodole a cui il cittadino deve credere, ma che come molte cose che crediamo intensamente essere vere, in realtà non esiste.

Problematiche dell’incenerimento

-Salute

Numerose sono le problematiche legate al processo di incenerimento dei rifiuti, dall’ambito della salute dei cittadini e dei lavoratori degli impianti, all’impatto ambientale che la costruzione di tali strutture comporta e, in ultimo, ai costi di gestione che sono sempre altissimi.
La discussione attorno a questi problemi è fin dall’inizio incentrata, da parte della stampa ufficiale, sulla difesa, con argomenti differenti, della costruzione degli impianti di incenerimento. Per sostenere questa posizione, tuttavia, numerosi elementi vengono portati al dibattito, spesso paradossali.
I principali impatti sull’ambiente e sulla salute sono connessi alle emissioni dal camino dell’impianto e alla produzione e successiva gestione di rifiuti solidi (ceneri leggere e pesanti, scorie) che derivano dai processi di combustione. In relazione a questo problema, le aziende costruttrici di inceneritori affermano rassicuranti che i moderni impianti sono dotati di mezzi sofisticati di abbattimento delle sostanze tossiche che tramite un processo di ottimizzazione renderebbero queste scorie non dannose.
In realtà, quello che non viene detto è che la grande eterogeneità dei rifiuti avviati ai processi di combustione permette un’ottimizzazione solo parziale delle scorie. Va aggiunto, poi, che questi “sistemi di abbattimento” determinano una trasformazione delle scorie tossiche dalla fase aeriforme a quella solida o liquida, per cui anche l’ottimizzazione delle scorie volatili finisce per creare una quantità di residui solidi ad alta tossicità che sarà necessario smaltire in seguito.
Ulteriore problema, poi, spesso taciuto, è rappresentato dalla qualità del combustibile che viene inviato all’inceneritore. La quota di combustibile/rifiuto selezionato dagli impianti di CDR è bassa e di cattiva qualità (come testimonia la chiusura, da parte della Magistratura di alcuni CDR, ad esempio in Campania), questo significa che il “termovalorizzatore” si trova a bruciare rifiuti caratterizzati da grande eterogeneità, il che provoca all’interno della caldaia condizioni chimico-fisiche tali da originare reazioni innumerevoli e incontrollabili, i cui effetti sono prevedibili solo in parte.
Questa imprevedibilità delle reazioni che avvengono all’interno della caldaia è un aspetto che viene aggravato da una sostanziale impossibilità a valutare in maniera adeguata e precisa le emissioni di un impianto di incenerimento. La valutazione, infatti, può essere effettuata sulle fasi di funzionamento “normale”, cioè quando l’impianto funziona “a regime”. Fasi interessanti da considerare, invece, sarebbero quelle cosiddette “transitorie”, le fasi cioè di avvio e di spegnimento dell’impianto, durante le quali le emissioni si modificano considerevolmente.
Si passa, per fare solo alcuni esempi, da una temperatura di 978°C nelle fasi “a regime” a 800 - 870°C nelle fasi di avvio/spegnimento; da una concentrazione di Ossido di Carbonio di 230 mg/mc a una di 340 - 1000; o da una concentrazione di 42 nanogr/mc delle condizioni di funzionamento “normale” a una di 1.860 in fase “transitoria” per quanto riguarda i precursori cloroorganici delle sostanze a maggiore nocività. Tali variazioni, significative per quanto concerne la tossicità per le popolazioni residenti in aree limitrofe, non vengono considerate nella valutazione complessiva poiché la valutazione dell’impianto viene eseguita su valori medi che nascondono le situazioni limite durante le quali si verifica un’emissione più elevata di sostanze tossiche. L’esposizione delle popolazioni a rischio, perciò, varia nel tempo e le persone vengono esposte a picchi di concentrazione di tossici che hanno effetti significativi sulla salute ma non vengono registrate dalle valutazioni di impatto ambientale e sulla salute.
Ma questi sono solo alcuni dei tanti paradossi che caratterizzano tutta la vicenda inceneritori. Certamente, fra di essi, quello che riguarda l’impatto sulla salute è il più clamoroso. Poche sono, infatti, le considerazioni in merito sulla stampa ufficiale, numerose le “voci” e pochissimi i dibattiti nei quali si affronti la questione dal punto di vista scientifico.
In realtà sappiamo con certezza che qualsiasi tipo di impianto di incenerimento rifiuti, anche quelli di ultimissima generazione, ha un impatto pesante sul piano ambientale e sanitario in ragione dell’enorme quantità di sostanze tossiche rilasciate nell’ambiente in forma gassosa, solida e liquida. Le più pericolose tra queste sostanze sono rappresentate dai cosiddetti POP (Persistent Organic Pollutants) come diossine e furani (in larga misura prodotti della combustione ad alte temperature di sostanze plastiche e in particolare di PVC), ma anche dai metalli pesanti (mercurio, cadmio ecc.), dal particolato atmosferico fine, dai gas acidi e dai gas serra.
Queste molecole tendono ad accumularsi nell’ambiente ed in particolare nei tessuti e negli organi degli organismi superiori attraverso il processo di “biomagnificazione”. Attraverso la catena alimentare, cioè, le sostanze tossiche si accumulano in enorme quantità negli animali più grandi che si cibano di quelli più piccoli. La loro persistenza nell’ambiente è legata al fatto che non sono bio-degradabili: resistono cioè ai processi bio-chimici messi in atto dagli ecosistemi naturali per decomporli e diffondono per centinaia di chilometri attraverso un’infinità di vie naturali e artificiali (aria, acqua, organismi ecc.). La pericolosità di queste sostanze e la loro provenienza diretta dagli impianti di incenerimento dei rifiuti sono elementi accertati, tanto che la Convenzione di Stoccolma, nel 1972, ha indicato gli inceneritori di rifiuti come una delle fonti maggiori di produzione di POP.

Per quanto riguarda i metalli pesanti, invece, in uno studio recente sono state calcolate le emissioni totali da inceneritore e la percentuale che ricoprono rispetto al totale.
Le emissioni degli inceneritori sono generalmente significative, rappresentando nel caso del Piombo il 20,7% del totale, del Mercurio il 32%, del Cadmio il 9%, dell’Arsenico il 3%, contribuendo, quindi, in maniera significativa alla produzione totale di metalli pesanti cancerogeni, rappresentando una vera e propria “bomba ecologica”. Il sistema più sicuro per ridurre queste emissioni è costituito dal non bruciare composti che le contengano. Questo pensiero semplice fa riferimento chiaramente a modifiche profonde del sistema di produzione delle merci che tengano conto del potenziale tossico dei materiali utilizzati. Gran parte dei metalli prima citati provengono, ad esempio, dai coloranti per materie plastiche. È chiaro come una riduzione del contenuto dei metalli negli imballaggi e un sistema di riutilizzo degli stessi, possa rivestire un ruolo importantissimo nella riduzione del danno.
Gli inquinanti vengono prodotti, come detto, in forma liquida, solida, gassosa. A parte, quindi, la dispersione per via aerea, bisogna considerare fra gli “effetti collaterali” anche l’inquinamento delle falde acquifere nonché il “problema ceneri”.
Le sostanze emesse in forma solida, infatti, si dividono in ceneri di fondo (si trovano alla base della caldaia durante la combustione) e ceneri volanti, non trattenute dai sistemi di filtraggio. Le ceneri sono, inoltre, prodotti che necessitano di un sito di stoccaggio, per cui anche quando l’inceneritore funziona a pieno regime, sarà necessario costruire discariche per queste scorie. Quando, perciò, viene detto che gli impianti di incenerimento potrebbero risolvere il problema delle discariche, dobbiamo sapere che si tratta di promesse false in quanto la produzione di ceneri e scorie necessiterà di ulteriori discariche in cui stoccare questi prodotti della combustione.
I sostenitori dell’incenerimento affermano che le tecnologie più moderne sono in grado di tenere sotto controllo queste sostanze. Ma anche questa è una verità parziale: la produzione dei POP e delle altre sostanze tossiche da parte degli impianti di incenerimento rifiuti non può essere evitata; se ne può semplicemente trasformare una quota in “ceneri” (il cui smaltimento rimane alquanto difficile); mentre appunto la parte gassosa continuerà ad inquinare l’atmosfera (con l’aggravante che il particolato assume dimensioni minori e penetra più facilmente negli alveoli polmonari e in circolo).
Questo trasversale partito dei sostenitori del termovalorizzatore, inoltre, forte delle situazioni emergenziali (spesso provocate ad arte e comunque dovute a decenni di incuria e di mancata attuazione di precise leggi e normative esistenti) sono soliti sostenere che l’incenerimento riduce di oltre 2/3 il volume dei rifiuti. Anche questo non è vero: vale, infatti, solo per il rapporto tra rifiuti solidi e ceneri, e non tiene nel debito conto l’immensa massa delle emissioni gassose.
Insomma: sostenere che l’incenerimento elimina i rifuti è una menzogna: si tratta piuttosto di un metodo accelerato di produzione di un’infinità di molecole tossiche (le reazioni termochimiche che si svolgono all’interno degli impianti ne producono a centinaia, una minima quota delle quali è monitorabile e monitorata) generalmente molto più pericolose per l’ambiente e per la salute umana e più difficili da trattare rispetto ai rifiuti stessi.
In molti paesi tutto questo è ormai chiaro e si cerca di normare in modo sempre più restrittivo la materia, così da ridurre l’impatto catastrofico di questa prassi assurda. E molti impianti sono stati chiusi negli ultimi anni per l’impossibilità di mantenere le emissioni entro i limiti permessi. Nel nostro Paese sembra non essere un problema il rischio a cui si sottopongono migliaia di cittadini.
Le categorie più a rischio sono ovviamente quelle più direttamente esposte alle sostanze tossiche emesse: in primis gli addetti agli impianti, ma anche gli abitanti nelle zone limitrofe. Queste popolazioni sono fortemente esposte a inquinanti che, in gran parte, entrano nella catena alimentare e nell’aria che si respira. Questa situazione determina sicuramente una maggiore probabilità di incidenza di numerose patologie a carico dell’apparato respiratorio e cardiocircolatorio, ma anche disturbi endocrini, patologie immunomediate (allergie ecc.), anomalie congenite e connatali, varie specie di cancro.
Per quanto riguarda i lavoratori degli impianti, inoltre, la gamma delle patologie che è possibile riscontrare è molto vasta. A quelle respiratorie - che vanno dalle bronchiti al cancro - vanno aggiunti tumori del sistema linfatico (linfoma non Hodgkin), malattie cardiache, tumori dei tessuti molli (sarcoma).
Gli effetti sulla salute del processo di incenerimento, dunque, coinvolgono diversi apparati dell’organismo umano, avendo un potenziale nocivo che può esprimersi in chi è a diretto contatto con l’impianto ma anche a distanza.
Ricordiamo, infatti, ancora una volta che quando parliamo di incenerimento parliamo di un sistema integrato di cui fanno parte sicuramente il circuito discariche - impianti per il CDR - inceneritori ma anche il sistema produttivo. Dato che è impossibile, oggi, avere luoghi isolati, è chiaro che i territori toccati da questo circuito saranno fortemente relazionati ad altri territori, ad esempio per ragioni commerciali. La nocività degli impianti, perciò, non resta circoscritta all’area in cui l’inceneritore viene costruito ma si espande. Ecco perché il problema è un problema di tutti.
Moltissimi studi epidemiologici documentano il notevole incremento della patologia respiratoria cronica (broncospasmo, tracheobronchiti croniche, tumori) in lavoratori e residenti nei pressi di impianti di incenerimento. Una notevole incidenza di adenocarcinomi laringei è stata dimostrata in alcuni studi italiani ed inglesi dei primi anni ’90 condotti nei pressi di inceneritori di rifiuti speciali (solventi) e di raffinerie. In uno studio epidemiologico svolto in Italia nel 1996 si documentò una elevatissima mortalità per cancro polmonare (x 6-7) in una popolazione urbana residente nei pressi di un inceneritore.
In ampi studi epidemiologici condotti in Inghilterra su circa 14 milioni di persone negli anni 1996-2000, è stato documentato un incremento significativo di neoplasie epatiche (con una mortalità del 30-37% superiore alla media nei residenti a distanze inferiori ai 7 km dagli impianti).
In uno studio francese del 2000 sono stati documentati clusters significativi di sarcomi dei tessuti molli (+ 44%) e di linfomi non-Hodgkin.
L’aumentato rischio di patologia neoplastica in bambini residenti nei pressi di inceneritori o di grandi impianti industriali è stato documentato in vari studi di medio-lungo periodo svoltisi nel Regno Unito tra il 1974 e il 2000.
Gli effetti genotossici degli impianti di incenerimento furono anche dimostrati negli anni ’60 dall’aumento significativo di malformazioni congenite (spina bifida, ipospadia, palatoschisi ecc.) tanto nei figli dei lavoratori addetti agli impianti, quanto in bambini nati nelle vicinanze di inceneritori e industrie chimiche. Studi più recenti in Belgio e in Scozia hanno documentato un aumento delle gravidanze multiple, dei parti gemellari e delle nascite di sesso femminile in popolazioni residenti nei pressi degli impianti (specie se i genitori di sesso maschile erano stati in contatto con emissioni di diossine ed altri endocrine-disruptors).
Molti studi dimostrano la notevole incidenza di patologie da esposizione a diossine (documentata da un aumento dei cataboliti urinari): cloracne (la prima patologia da esposizione a diossina nota come tale, almeno a partire dagli anni ’60: tra i lavoratori esposti ai pesticidi); diminuita funzionalità immunitaria (calo notevole dei B e dei T-linfociti, almeno in parte endocrino-mediata) epatica e renale; diabete (famoso il caso dei reduci del Vietnam esposti all’agente Orange); allergie; tumori a carico di vari organi e tessuti.
Le diossine sono le sostanze cancerogene ed immunolesive più potenti mai testate. A produrle sono alcune fabbriche chimiche (processi di sbiancamento della carta, produzione di pesticidi ecc) e praticamente tutti gli impianti di incenerimento (in special modo per la combustione del PVC e dei residui ospedalieri). Un’altra fonte di contaminazione è stata negli ultimi anni quella alimentare: la carne di animali nutriti con mangimi contenenti oli combusti; latte e carne di animali nutriti con fieno proveniente da campi contaminati (perché vicini a impianti industriali ed inceneritori). Comunque è ormai assodato che circa il 95% delle emissioni di diossina proviene da impianti di incenerimento di residui solidi urbani e di rifiuti speciali (in gran parte ospedalieri).
La diossina si accumula lentamente nei nostri tessuti, si lega in modo selettivo ad alcuni recettori intracellulari e penetra nel nucleo delle nostre cellule: così può danneggiare il DNA e determinare l’insorgenza di neoplasie e malformazioni.
Nonostante l’EPA avesse da decenni incluso la diossina tra le sostanze probabilmente cancerogene, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha classificato diossine e furani tra gli agenti sicuramente cancerogeni soltanto nel 1997. Cioè ben 31 anni dopo Seveso!
Secondo quanto abbiamo appena osservato, il principale impatto sulla salute è legato alle emissioni dal camino dell’inceneritore e alla gestione dei rifiuti solidi derivanti dalla combustione.
È vero che è possibile operare un abbattimento delle sostanze tossiche contenute nelle emissioni gassose, ma è anche vero che questi sistemi operano non un’eliminazione delle scorie ma un trasferimento dallo stato gassoso a quello solido o liquido, il che sposta il problema ma non lo risolve. Saranno necessarie, infatti, nuove discariche controllate per la gestione di questi residui.
Il problema dell’incenerimento è legato soprattutto all’eterogeneità del combustibile utilizzato (solo in parte proveniente dalla selezione operata dagli impianti per CDR). La grande variabilità dei composti presenti in una caldaia provoca condizioni tali per cui si verificano reazioni chimiche incontrollabili e imprevedibili.
-Costi

Ma davvero l’incenerimento dei rifiuti è la risposta più diffusa nei “Paesi avanzati”, come sostengono numerosi opinionisti e politici nostrani? Se consideriamo gli Stati Uniti d’America, scopriamo una realtà interessante quanto poco discussa.
Dalla fine degli anni Trenta ai Settanta, gli USA hanno fatto un utilizzo sempre maggiore degli impianti di incenerimento dei rifiuti. Con il passare degli anni, in seguito al crescere progressivo delle conoscenze scientifiche e della capacità di mobilitazione dei movimenti ambientalisti, è stato necessario dotare gli inceneritori di impianti di abbattimento degli inquinanti sempre più efficienti e, per questo, più costosi. A partire da questo dato, si è registrata progressivamente, negli Stati Uniti, una drastica riduzione degli impianti, che dai 289 della metà degli anni Sessanta sono diventati 114 solo dieci anni dopo.
Tale trend si conferma negli anni successivi. Dall’inizio degli anni Ottanta al 1990, infatti, furono cancellati 248 progetti di costruzione di inceneritori e all’inizio degli anni Novanta era possibile contare, negli USA, solamente 140 inceneritori in funzione, con una capacità di incenerimento di circa 92.000 tonnellate al giorno.
Le previsioni sull’incenerimento, inoltre, che secondo fonti governative avrebbe dovuto essere del 26% entro il 2000 fu ritoccata, a seguito di tale decremento nell’utilizzo degli inceneritori, al 21%. In realtà, le percentuali reali risultarono ancora più basse, la percentuale di rifiuti inceneriti nel 1997, infatti, fu del 16%, mentre il 35% circa dei rifiuti statunitensi veniva indirizzato verso il riciclaggio. Questa tendenza viene poi confermata dai nuovi obiettivi fissati, di raggiungere il 50% del riciclaggio entro il 2000, segno inequivocabile che un’epoca, quella dell’incenerimento come “soluzione finale” era finita.
Il Wall Street Journal, nell’edizione dell’11 Agosto 1993, forniva una serie di spiegazioni interessanti riguardo la progressiva marginalizzazione del ruolo dell’incenerimento negli USA. Argomento principale, cui i cittadini americani sono particolarmente sensibili, quello dei costi. L’uso degli inceneritori, infatti, sarebbe secondo le stime del tabloid americano un vero e proprio disastro, il che spiegherebbe il dietrofront delle amministrazioni pubbliche.
Sempre secondo il “Journal”, gli organismi pubblici che hanno incoraggiato la costruzione degli inceneritori hanno posto poca attenzione agli aspetti economici della questione, costringendo i contribuenti a pagare migliaia di dollari in più all’anno per il trattamento dei rifiuti. Il costo medio del trattamento dei rifiuti tramite incenerimento, infatti, è di circa 56 dollari a tonnellata, il doppio del costo medio del trattamento in discarica. La gestione di questi impianti, insomma, è stato un disastro economico, sapientemente gestito a proprio vantaggio dalle compagnie private che gestivano gli stabilimenti.
Agli inizi degli anni Ottanta, gli USA furono oggetto di una forte campagna di informazione sulla mancanza di spazi per la costruzione di nuove discariche il che, a fronte del progressivo aumento della produzione di rifiuti, voleva dire trovare una soluzione rapida e che ovviasse a questa carenza di spazi. Tale soluzione fu intravista nella costruzione di impianti di incenerimento, come unica via.
Quell’emergenza fu fronteggiata in maniera intelligente dalle compagnie di gestione degli impianti, che proponevano alle amministrazioni locali contratti in cui si costringevano i governi locali per tutto il periodo di attività degli impianti (circa 20 anni) a garantire quantità fisse di rifiuti da trattare negli inceneritori oppure a pagare esose penali. Il tutto, ovviamente, a scapito del riciclaggio e delle politiche finalizzate alla riduzione della produzione di rifiuti.
Tale emergenza, perciò, risultò essere una vera e propria “manovra” realizzata ad arte dai produttori di inceneritori per facilitarne la diffusione.
Nel nostro Paese, a distanza di anni, viene riproposta una strategia simile per imporre gli inceneritori come soluzione alla “questione rifiuti”. Tramite l’utilizzo dei media, infatti, trasformando il nome “inceneritori” in quello più rassicurante di “termovalorizzatori”, questi impianti vengono fatti passare per la panacea di tutti i mali, essendo in grado di risolvere tutti i problemi del ciclo dei rifiuti, dall’impatto ambientale delle discariche agli interessi mafiosi fino alla riqualificazione del territorio e ai problemi occupazionali.
Anche nel nostro Paese, in realtà, gli inceneritori rappresentano un disastro economico i cui costi di gestione non potranno essere coperti dalla vendita dell’elettricità prodotta.
L’impianto proposto per Genova, da 800 tonnellate al giorno, ricaverebbe con la vendita dell’elettricità 16 miliardi di vecchie lire, per un costo complessivo di 23 miliardi necessari alla gestione ordinaria dell’impianto. Il problema delle ceneri, inoltre, non è ancora risolto visto che il tanto sponsorizzato inceneritore di Brescia è costretto a inviare a pagamento le ceneri che produce alle miniere di salgemma tedesche, unico luogo sicuro per abbatterne la tossicità.
Anche in Italia, inoltre, come negli USA, il pareggio economico degli inceneritori dovrebbe essere raggiunto facendo pagare al contribuente 900 lire a chilowattora l’elettricità prodotta con i rifiuti, a fronte delle 300 lire pagate per l’elettricità prodotta con carbone e petrolio. I conti parlano chiaro, si tratterebbe di una tassa aggiunta sui rifiuti con la quale il contribuente italiano manterrebbe l’inceneritore.


Per leggere l'articolo completo andate su  http://proteo.rdbcub.it/article.php3?id_article=377&artsuite=0

"Di rifiuti bruciati si può anche morire"

 
Incontro con un professore di chimica americano che ha illustrato gli effetti che possono derivare dall’attività dei termovalorizzatori. Il professor Connet ha illustrato gli effetti che, secondo autorevoli studi americani, avrebbero le polveri sottili emesse dai termovalorizzatori.

 «Gli inceneritori uccidono». A sostenerlo è Paul Connet, professore emerito di chimica alla St Lawrence University di Canton, New York. Il professor Connet ha illustrato gli effetti che, secondo autorevoli studi americani, avrebbero le polveri sottili emesse dai termovalorizzatori: «Ogni tre tonnellate di rifiuti bruciati si genera una tonnellata di ceneri tossiche, il 10 per cento delle quali non viene catturato dai filtri di depurazione dall’impianto. Si tratta di nanoparticelle, più piccole del Pm10 ma molto più pericolose». Queste particelle, secondo Connet, viaggiano per lunghe distanze e rimangono nell’aria per molto tempo. «L’inalazione di queste sostanze», ha proseguito, «causa malattie allergiche, asma bronchiale, bronchiti acute e croniche, enfisemi polmonari, tumori, ictus ed attacchi cardiaci».
Ecco perché, ha aggiunto, «negli Stati Uniti, dal 1985 al 1995, è stata bloccata la costruzione di circa 300 inceneritori». Connet li ha definiti «un vero crimine ambientale».
Attualmente la legislazione italiana prevede misure di contenimento delle polveri più grandi, come il Pm10, mentre le nanoparticelle non vengono considerate. «È come volare con gli occhi chiusi», ha esclamato Connet.

Secondo lo studio presentato dal ricercatore americano, inoltre, gli inceneritori si basano su una tecnologia non solo molto costosa, ma che permette un ricavato di energia 3 o 4 volte inferiore ad altri metodi di trattamento rifiuti, come il riciclaggio e il compostaggio (la trasformazione dei rifiuti organici in concime).
Negativo anche il suo giudizio sul termovalorizzatore di Brescia, al quale si guarda come un esempio da seguire: «È costato circa 300 milioni di euro, inquina e ha prodotto solo 80 posti di lavoro». Il professor Connet, inoltre, ha criticato duramente l’oncologo italiano di fama mondiale, Umberto Veronesi: «Dire che gli inceneritori sono a rischio zero è scientificamente azzardato oltre che irresponsabile».
Alessandro Natali, responsabile del gruppo veronese degli amici di Grillo, fa sapere che continua la raccolta di firme contro l’inceneritore di Ca’ del Bue: «Abbiamo superato le seimila, aspettiamo una risposta dalle istituzioni». All’incontro sono stati invitati anche gli amministratori dei Comuni interessati. All’appello ha risposto Zevio, col sindaco Paolo Lorenzoni e l’assessore all’ambiente Samuele Campedelli.
LA «SOLUZIONE». Qual è allora la soluzione? «Semplice: non produrre rifiuti». La risposta del professor Connet si basa sul piano «Rifiuti zero 2020» che si propone, entro questa data, di risolvere il problema dello smaltimento dei rifiuti smettendo di produrre materiali che originano scarti. Connet ha portato l’esempio della Beer Industry, azienda di birra canadese che da oltre 50 anni utilizza bottiglie di vetro: il 98 per cento viene recuperato, ogni bottiglia viene usata mediamente 18 volte e sono stati creati 2.000 posti di lavoro senza spese per la comunità. «I residui equivalgono ad una cattiva progettazione industriale. Bisogna abbandonare la logica dell’usa e getta ed abbracciare quella della produzione sostenibile».
Per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti non evitabili, Connet cita l’esempio di San Francisco, dove un’accurata raccolta differenziata porta a porta (75 per cento del totale) rende possibile il riciclaggio ed il compostaggio. Indispensabili, a tal proposito, impianti di separazione della frazione residua, che permettano una differenziazione capillare. Già un migliaio di Comuni in Italia hanno ottenuto il 50 per cento di conversione dalla raccolta porta a porta.
«Oltre alla responsabilità industriale e della comunità», ha concluso Connet, «è indispensabile una guida politica in grado di indicare la strada dello sviluppo sostenibile».

da  http://www.peacelink.it/ecologia/a/25022.html

venerdì 19 agosto 2011

 Inceneritori, perché NO

1. L’incenerimento dei rifiuti li trasforma in nanoparticelle tossiche e diossine
2. L’incenerimento necessita di sostanze come acqua, calce, bicarbonato che aumentano la massa iniziale dei rifiuti
3. Da una tonnellata di rifiuti vengono prodotti fumi e 300 kg di ceneri solide e altre sostanze.
     - le ceneri solide vanno smaltite per legge in una discarica per rifiuti tossici nocivi, rifiuti estremamente più pericolosi delle vecchie discariche
     - i fumi contengono 30 kg di ceneri volanti cancerogene, 25 kg di gesso
     - l’incenerimento produce 650 kg di acque inquinate da depurare
4. Le micro polveri (pm 2 fino a pm 0,1) derivanti dall’incenerimento se inalate dai polmoni giungono al sangue in 60 secondi e in ogni altro organo in 60 minuti
5. Le patologie derivanti dall’inalazione sono: cancro,malformazioni fetali, Parkinson, Alzheimer, infarto e ictus. Lo comprovano migliaia di lavori scientifici
6. Gli inceneritori, detti anche termovalorizzatori, sono stati finanziati con il 7% della bolletta dell’Enel associandoli alle energie rinnovabili insieme ai rifiuti delle raffinerie di petrolio al carbone. Senza tale tassa sarebbero diseconomici. Nell’ultima Finanziaria è stato accordato il finanziamento, ma solo agli inceneritori già costruiti.
7. In Italia ci sono 51 inceneritori, sarebbe opportuno disporre di centraline che analizzino la concentrazione di micro polveri per ognuno di essi, insieme all’aumento delle malattie derivate sul territorio nel lungo periodo
8. I petrolieri, i costruttori di inceneritori e i partiti finanziati alla luce del sole da queste realtà economiche sono gli unici beneficiari dell’incenerimento dei rifiuti.


LE ALTERNATIVE:
Riduzione dei rifiuti, raccolta differenziata, riciclaggio e bioessicazione


1. Riduzione dei rifiuti (Berlino, per fare un esempio, ha ridotto in sei mesi i rifiuti del 50%)
2. Raccolta differenziata porta a porta con tariffa puntuale
3. Riciclo di quanto raccolto in modo differenziato
4. Quanto rimane di rifiuti dopo l’attuazione dei primi tre punti va inviato a impianti per una selezione meccanica delle tipologie dei rimanenti rifiuti indifferenziati. La parte non riciclabile può essere trattata senza bruciarla con in impianti di bioessicazione
5. In termini economici non conviene bruciare in presenza di una
raccolta differenziata perchè:
- il legno può essere venduto alle aziende per farne truciolato
- il riciclaggio della carta rende più dell’energia che se ne può ricavare
- il riciclaggio della plastica è conveniente. Occorrono 2/3 kg di petrolio per fare un kg di plastica
6. La raccolta differenziata può arrivare al 70% dei rifiuti, il
30% rimanente può ridursi al 15-20% dopo la bioessicazione.
Una quantità che è inferiore o equivale agli scarti degli inceneritori. Ma si tratta di materiali inerti e non tossici con minori spese di gestione ed impatti ambientali sanitari Se nel settore dei rifiuti non ci fossero le attuali realtà, per legge, di monopoli privati a totalità di capitale pubblico, ma una reale liberalizzazione del mercato, la concorrenza tra le aziende avverrebbe sulla capacità di recupero e l’incenerimento sarebbe superato.



www.beppegrillo.it

martedì 9 agosto 2011

COME FUNZIONA UN CEMENTIFICIO CHE FUNGE DA INCENERITORE DI RIFIUTI? (Le avventure del cementificio mascherato!)

Ritorniamo all'istanza legata al Cementificio Italcementi di Scafa, che secondo il piano regionale, a breve inizierà ad incenerire rifiuti all'interno dei forni dello stabilimento. Secondo il loro progetto si attuerà questo processo per risparmiare sui costi di combustione per la produzione di cemento.
Ma è fondamentale approfondire!
Vi presentiamo,perciò, una relazione elaborata dal Centro per la Salute"Giulio A. Maccacaro" (VA)
Movimento di lotta per la Salute
Medicina democratica


INCENERIMENTO DI RIFIUTI NEI CEMENTIFICI

  •  I CEMENTIFICI, BRUCIANDO RIFIUTI, RECUPERANO ENERGIA E FANNO RISPARMIARE CONSISTENTI QUANTITA' DI COMBUSTIBILI FOSSILI TRADIZIONALI. LE NORMATIVE NAZIONALI ED EUROPEE SPINGONO VERSO IL RECUPERO ENERGETICO DEI RIFIUTI ANCHE PRESSO I CEMENTIFICI?
 Il “risparmio” è molto minore di quello dichiarato per intrinseche limitazioni di processo;nella realtà i cementifici accettano rifiuti non perché “risparmiano” combustibili fossili ma per i guadagni connessi allo smaltimento dei rifiuti. Il vero risparmio energetico sta nel riciclaggio dei rifiuti (anche dei solventi, cosa tecnicamente possibile e applicata da anni). E’ solo la normativa nazionale (il decreto Ronchi, in quanto i cementifici sono tra gli impianti assoggettabili alle “procedure semplificate” in caso di utilizzo di rifiuti solidi – RDF/CDR – in parziale sostituzione di combustibili fossili tradizionali) che “spinge” (leggi semplifica) in tal senso. Viceversa a livello europeo la recente direttiva (del dicembre 2000) sugli inceneritori ricomprende
anche i cementifici tra gli impianti di coincernerimento e li tratta – sotto il profilo autorizzativo – come impianti di smaltimento dei rifiuti (ovvero soggetti ad autorizzazioni “normali” e, ove occorrente, all’obbligo di Valutazione di impatto ambientale).
  • I CEMENTIFICI "DISTRUGGONO" I RIFIUTI ALTRETTANTO EFFICACEMENTE DI ALTRI IMPIANTI DI SMALTIMENTO (INCENERITORI) ?
Secondo l’EPA i cementifici USA sono la seconda fonte di diossine e furani degli USA (dopo gli inceneritori per rifiuti urbani e prima di quelli per rifiuti ospedalieri) grazie alla scelta di utilizzarli per bruciare rifiuti industriali (in particolare solventi e simili). L’EPA ha inoltre stimato una emissione di diossine pari a 0,29 nanogrammi di diossine equivalenti per kg di clinker prodotto nei cementifici che non utilizzano rifiuti come combustibili e di 24,34 nanogrammi/kg invece nei cementifici che usano rifiuti come combustibile, in altri termini la combustione di rifiuti da emettere da un cementificio 80 volte più diossine rispetto all’utilizzo dei
combustibili fossili usuali. Sempre negli USA, per lo stesso motivo, i cementifici sono la seconda fonte di emissione di Mercurio e producono significative emissioni di acido cloridrico.

  • I FORNI DEI CEMENTIFICI FUNZIONANO A TEMPERATURE PIU' ELEVATE E CON TEMPI PIU' LUNGHI DI RESIDENZA DEI FUMI, RISPETTO AGLI INCENERITORI-"TERMOVALORIZZATORI"?
Le temperature variano a seconda del punto del forno e l’efficienza di combustione varia in relazione alla zona e alle modalità di alimentazione del rifiuto/combustibile. In caso di anomalie le parti più volatili dei rifiuti solidi possono essere rilasciati così rapidamente che non vengono ossidati completamente (con elevate concentrazioni di composti incombusti molto tossici).
Il tempo di residenza dei gas a temperature elevate è bassa e in una atmosfera povera di ossigeno – per motivi di processo - i cementifici non hanno post combustori per evitare o ridurre gli effetti di tali condizioni di combustione inadeguate. Rispetto agli inceneritori per rifiuti sono emessi più diossine e furani a parità di rifiuti combusti.
  •  LE TEMPERATURE DI PROCESSO NON SUBISCONO MODIFICHE REPENTINE OVVERO GARANTISCONO, IN OGNI MOMENTO, LE CONDIZIONI IDONEE PER LA "DISTRUZIONE" COMPLETA DEI RIFIUTI ANCHE NEL CASO DI ELEVATE CONCENTRAZIONI DI SOSTANZE IDROCARBURICHE E CLORURATE NEI RIFIUTI?
 Le temperature sono diverse a seconda del punto dell’impianto: nelle sezioni di pretrattamento e nella sezione finale “fredda” vi sono punti del forno in cui le temperature sono molto più basse. La presenza di una atmosfera con poco ossigeno ed elevati tenori di monossido di carbonio favorisce la sintesi di composti idrocarburici clorurati e non, quest’ultimo è un fatto accertato e rende impossibile valutare l’efficienza di combustione stessa di un cementificio con combustibile tradizionale, figuriamoci con altre tipologie di rifiuti (in altri termini il “tradizionale” elevato tenore di inquinanti nelle emissioni di un cementificio funge da “copertura” pe r gli inquinanti aggiuntivi specifici prodotti dalla combustione di rifiuti, in particolare per i microinquinanti clorurati).Il monossido di carbonio, presente nei fumi grezzi dei cementifici, è da 10 a 50 volte maggiore di quello presente nei fumi grezzi degli inceneritori per rifiuti : un inceneritore verrebbe spento se presentasse valori di monossido di carbonio all’emissione così elevati come quelli necessari ai cementifici per il loro processo produttivo del clinker. Il monossido di carbonio è indice di elevati livelli di altre sostanze tossiche come benzene e idrocarburi policiclici aromatici. I cementifici non sono equipaggiati con specifici sistemi di abbattimento delle polveri e tantomeno per i microinquinanti; viceversa in un cementificio sono diversi e molti i punti di emissioni tramite i quali è facile “dirottare” parte delle emissioni in punti in cui la normativa non obbliga ad avere sistemi di monitoraggio.

  • IL CALCARE, UTILIZZATO PER LA PRODUZIONE DEL CEMENTO, AGISCE COME UNO "SCRUBBER" NATURALE, BLOCCANDO IL CLORO E ALTRI COMPONENTI TOSSICI PRODOTTI DALLA COMBUSTIONE DI RIFIUTI?
Fatti : recenti studi contraddicono tale “potere” del calcare che non renderebbe disponibile il cloro per le reazioni di clorurazione e sintesi di microinquinanti cloro-organici (come diossine e furani). In altri termini la capacità di assorbimento del cloro è limitata e non assoluta come fanno intendere i fautori della combustione di rifiuti nei cementifici.
  •  I SISTEMI DI ABBATTIMENTO DEI CEMENTIFICI HANNO UNA ELEVATA EFFICIENZA PER RIMUOVERE I METALLI PESANTI E GLI ALTRI TOSSICI PRESENTI NEI FUMI. LE LORO PRESTAZIONI SONO PARAGONABILI A QUELLI DEGLI INCENERITORI?
Se fosse vero perché i cementieri si sono opposti ai limiti di emissione più restrittivi inseriti nella direttiva del dicembre 2000 sull’incenerimento di rifiuti, ancora da recepire in Italia ? I cementieri si sono sempre opposti a limiti più restrittivi per la definizione di limiti di emissione per piombo, arsenico, cadmio, per la definizione di misure di efficienza della combustione (es. rapporto tra monossido e biossido di carbonio). I cementieri USA hanno chiesto l’esclusione delle norme che obbligano alla messa in discarica delle polveri dei cementifici.Confrontando le emissioni  con e senza rifiuti in linea di massima vi può essere una riduzione in termini di emissioni di zolfo (in quanto i rifiuti di norma hanno meno zolfo rispetto al carbone o agli oli combustibili) e di ossidi di azoto (indice di un minor utilizzo di aria comburente); per tutti gli altri parametri vi è un incremento più o meno significativo delle emissioni. (vedi tabella 10 nel link riportato in basso)

  • STUDI SUI RISCHI PER LA SALUTE PUBBLICA ASSOCIATI ALLA COMBUSTIONE DI RIFIUTI PRESSO CEMENTIFICI HANNO EVIDENZIATO UN BASSO LIVELLO DI RISCHIO E COMUNQUE UN LIVELLO NON SUPERIORE A QUELLO DOVUTO ALL'USO DI COMBUSTIBILI TRADIZIONALI E AGLI INCENERITORI PER RIFIUTI?
I cementifici negli USA (i maggiori utilizzatori di “combustibili da rifiuti”) si oppongono ad accertamenti sui rischi per la salute dovuti alle emissioni dagli impianti di produzione e per lo smaltimento delle polveri. L’EPA ha, in ogni caso, rilevato nel 1995 incrementi significativi delle emissioni di mercurio che è uno dei maggiori composti tossici per l’uomo. Inoltre l’arricchimento delle polveri emesse in diossine e metalli pesanti incrementa il rischio connesso all’espos izione a tali polveri da parte della popolazione esposta.
  • LA QUALITA' DEL CEMENTO OTTENUTO DA FORNI CHE BRUCIANO RIFIUTI E' INDISTINGUIBILE DA QUELLA OTTENUTA DA CEMENTIFICI CHE USANO COMBUSTIBILI TRADIZIONALI?
Nell'ultima tabella illustrata nel link in basso sono riportati i dati di composizione di cementi realizzati con e senza l’utilizzo di combustibili /rifiuti. Si nota un innalzamento dei livelli di diversi metalli pesanti (diversi dei quali hanno una elevata mobilità, possono cioè “uscire” dal cemento per contamina re l’esterno). Anche se non vengono superati i limiti previsti dalle norme UNI sul cemento, il peggioramento è visibile. Non vi sono ancora idonei studi relativi alla durabilità e la qualità del cemento prodotto con e senza l’utilizzo di rifiuti. Negli USA i cementieri sono obbligati a contrassegnare i contenitori di cemento ottenuto con l’utilizzo di rifiuti come combustibili.
  •  LE CONDIZIONI DI SICUREZZA E IGIENE NEI CEMENTIFICI SONO TALI DAGARANTIRE LA SALUTE DEI LAVORATORI ANCHE NEL CASO DI COMBUSTIONE DI RIFIUTI?
Le polveri di cemento sono molto dannose e producono problemi alle vie respiratore e di tipo allergico ai lavoratori dei cementifici provocate in particolare dai cromati solubili presenti nel cemento. L’arricchimento di tali polveri in altri contaminanti è tale che le polveri sono da considerarsi rifiuti tossico-nocivi. Studi su lavoratori del cemento esposti a polveri con metalli pesanti e diossine dovuti alla combustione di rifiuti in cementifici hanno evidenziato incrementi in patologie asmatiche e in patologie tumorali alla pelle e del polmone (Germania); uno studio svedese ha evidenziato un incremento del 60 % di rischio per cancro al retto dei lavoratori in cementifici con combustione di rifiuti rispetto a quelli senza.



http://www.circoloambiente.org/cementeria/cementificimd.pdf

lunedì 8 agosto 2011

Rifiuti, il piano di Di Zio per l'inceneritore

I legami con Gerardini e anche il tentativo di avvicinare Sorgi, dirigente della Regione. 

PESCARA. «Perché le persone importanti, quando tieni una persona buona, tieni una persona buona». Parola di Ettore Ferdinando Di Zio, patron della Deco spa insieme al fratello Rodolfo Di Zio. In un colloquio intercettato i due imprenditori parlano di come «avvicinare» il dirigente regionale Antonio Sorgi, capo di Franco Gerardini. Il retroscena è raccontato in un rapporto della squadra mobile lungo 346 pagine che fotografa la facilità dei vertici della Deco di Spoltore di stringere alleanze con politici e funzionari apicali dell'amministrazione regionale.

GERARDINI. Secondo la squadra mobile, come riporta l'informativa redatta dal sostituto commissario Giancarlo Pavone e controfirmata dall'ex dirigente Nicola Zupo, il dirigente regionale del servizio Gestione rifiuti Gerardini, 57 anni, ex sindaco di Giulianova e deputato Pds, è «determinante» per i Di Zio: tra Gerardini e i Di Zio pare esserci un legame di confidenza e, in un'intercettazione, si parla di un locale del dirigente da affittare agli imprenditori. Gerardini non è indagato in questo procedimento: il dirigente è sotto inchiesta, per abuso d'ufficio, per due permessi all'Ecologica Sangro, un'altra ditta dei Di Zio, riguardo alla discarica di Cerratina a Lanciano e negati a un'impresa concorrente. Per l'informativa, i Di Zio provano ad «avvicinare» Antonio Sorgi (non indagato, ndr), capo di Gerardini e dirigente dell'area Ambiente della Regione Abruzzo, per ottenere il sì a un termovalorizzatore da costruire a Teramo o a Città Sant'Angelo.

SORGI. Il dettaglio, dicono i Di Zio, è che «Sorgi è una brava persona» e mette in discussione il loro «monopolio» nel ciclo abruzzese dei rifiuti. Ecco il colloquio del 9 agosto 2009 tra i fratelli Rodolfo, indagato nel filone teramano sulla Team, ed Ettore Ferdinando, indagato nella costola Ecoemme di Montesilvano. Rodolfo: «Mo' vediamo un po' quello che ci viene fuori. Io sto lavorando molto sul fatto di fare un impianto solo speriamo che, solo che ci stà quel cazzo di Sorgi». Ettore Ferdinando: «Non si riesce». Rodolfo: «Eh, difficile, perché ha preso quel cazzo di comando». Ettore Ferdinando: «Sorgi, dovremmo vedere come cazzo si può avvicinare perché Sorgi è importante». Rodolfo: «Sorgi aveva fatto una società con coso, perché tra l'altro è una brava persona, lui ed altre due». Ettore Ferdinando: «Amico». Rodolfo: «Chi?». Ettore Ferdinando: «Il geometra nostro». Rodolfo: «Eh, non è sicuro». Ettore Ferdinando: «Eh, però, qualcuno per entrarci». Rodolfo: «Eh ci sta, chi ce l'ha messo chi è coso, il senatore, hai capito? Io l'ho detto, pure, ma perché Sorgi non si calma a dire'ste cazzate». Ettore Ferdinando: «Dicono che è una brava persona». Rodolfo: «Sì una brava persona, lui ha sempre parlato di monopolio, monopolio, monopolio, monopolio. Mo' parlando sempre di'sto cazzo di monopolio, tu arrivi che rompi pure i coglioni».
«COMANDIAMO NOI». In un'altra conversazione con il fratello, del 30 gennaio 2009, Rodolfo sembra sicuro di riuscire a influenzare le scelte della Regione grazie una benedizione dall'alto. Rodolfo: «A Sorgi già gli hanno tagliato i piedi e gli hanno spuntato la coda, Sorgi caro mio, mo' con noi che comandano solo loro... che comandiamo solo noi». Ettore Ferdinando: «Ce l'ha con noi». Rodolfo: «Gli è arrivato un siluro mo', gli è arrivato un siluro dal presidente diretto... un candidato del...».

LE REAZIONI. «I rapporti tra politica, funzionari e Deco vanno oltre la normalità», così interviene il segretario regionale di Rifondazione comunista Marco Fars, «consigliamo a Gerardini di passare ad altro incarico in Regione per dimostrare la sua estraneità alle contestazioni e fugare ogni dubbio in merito a quanto traspare dalle intercettazioni. Non possono esserci ombre sui soggetti pubblici, a cominciare dal presidente Gianni Chiodi che ha già perso due assessori su questo terreno».

da "il Centro" 7 agosto 2011

domenica 7 agosto 2011

INCHIESTA "RE MIDA": PIU' GRANDE DI SANITOPOLI. AL SERVIZIO DI DI ZIO

RIFIUTOPOLI. ABRUZZO. Tutto quello che toccava doveva diventare oro, grazie ad un monopolio costruito nel tempo e mai ostacolato dalla politica. Anzi…

Così la famiglia Di Zio ed il suo esponente principale, Rodolfo Valentino, secondo la magistratura pescarese, brigava per mantenere a tutti i costi il suo strapotere nel campo dello smaltimento dei rifiuti in Abruzzo. E per fare affari d’oro 'comprava' politici, anche per cifre irrisorie. Un imprenditore a cui piace vincere facile sfruttando la facile via della corruzione per abbattere la concorrenza con ripercussioni devastanti per l’interesse pubblico.
Elargizioni di ogni tipo, spesso contributi elettorali “regolarmente registrati” ma frutto di presunti accordi corruttivi, dunque corruzione, tanto che spesso gli stessi amministratori si sono trovati a redigere atti che “casualmente” avvantaggiavano Di Zio. Atti spesso illegittimi o a loro volta comprati o viziati.
Tutto nel nome degli affari, legati ai rifiuti ed allo smaltimento, in questo caso si trattava di costruire un impianto di bioessiccazione per la produzione di ecoballe che possono servire solo  come combustibile per inceneritori, un investimento da 15 milioni che avrebbe portato ricavi di almeno 100 milioni di euro in poco tempo. Ecco perché la Procura di Pescara ha chiamato questa (che è un'inchiesta molto più vasta e devastante di Sanitopoli), “Mida’s case”, appunto “inchiesta Re Mida”.
Un'indagine diversa dalle altre perché a fronte di soli due arresti –peraltro domiciliari chiesti dagli stessi pubblici ministeri- lo scenario descritto è di asservimento totale della politica agli interessi dell'imprenditore che deve fare affari. Situazione peraltro già scoperta svariate volte in tutte le recenti  indagini sulla pubblica amministrazione degli ultimi anni.
Circa 10 uomini della Squadra mobile (quando la media è di circa 3-4 persone), per circa due anni, hanno ascoltato oltre 50.000 conversazioni telefoniche intercettate principalmente sui telefoni dei Di Zio, Venturoni, Stati scoprendo un mondo fino ad oggi solo ipotizzato.
CON L'ESPOSTO SCATTA L'INCHIESTA
L'inchiesta nasce nel novembre 2008 da una relazione di alcuni membri del collegio sindacale dell'organo di controllo a nomina pubblica e da un esposto di Domenico Di Carlo, presidente del consiglio di amministrazione della Ecoemme, la società mista partecipata anche dal Comune di Montesilvano che si occupa della raccolta differenziata nella zona vestina e nella quale si trova l'immancabile partecipazione privata di un'impresa dei Di Zio. Fondamentali saranno anche i contributi dell’ex citymanager di Montesilvano, Rodolfo Rispoli, che porteranno gli inquirenti a mettere uno dopo l'altro i tasselli di un intricato puzzle che da Montesilvano si allarga a Pescara, fino a rimbalzare a Teramo e Chieti passando per il Fucino e la Marsica, feudi del segretario regionale Pdl, Filippo Piccone (non indagato in questo filone). Una inchiesta ancora una volta diretta in perfetta solitudine dalla procura di Pescara che, come successe già nella Sanitopoli di Del Turco, sconfina nell’intera regione e anche questa volta è facile ipotizzare medesimi problemi di competenza territoriale, spesso l'asso nella manica degli avvocati difensori. Per gli inquirenti, però, gli accordi corruttivi principali si sono perfezionati nel distretto pescarese e a Pescara vi è la sede dell’assessorato alla sanità presieduto da Venturoni, anche lui abituato a sconfinare nel campo assegnato alla sua collega Daniela Stati, l’ambiente.
Secondo gli inquirenti l'obiettivo prefissato della famiglia di imprenditori era quella di creare in Abruzzo, grazie ai favori comprati della politica, una situazione di emergenza nel campo dei rifiuti come quello della Campania, che avrebbe permesso di prendere decisioni veloci e immediate, grazie alla stessa emergenza. In queste condizioni sarebbero aumentati i prezzi e le tariffe di cittadini e Comuni ( ciò che sta accadendo adesso, nell'anno corrente 2011) da devolvere ai consorzi e alle ditte che effettuavano il servizio di smaltimento, come detto spesso facenti capo alla stessa famiglia Di Zio. Come pure la raccolta differenziata era percepita dal potente imprenditore come un pericolo e per questo non doveva decollare… OBIETTIVO FINALE: COSTRUIRE IL TERMOVALORIZZATORE
L'obiettivo finale era quello di costruire un termovalorizzatore ma partendo da un impianto che producesse il cosiddetto CDR, cioè rifiuti compressi (ecoballe) che possono essere utilizzate soltanto come combustibile per inceneritori, impianti altamente dannosi per la salute poiché sprigionano, spesso, un alto inquinamento atmosferico. Ma non è stato questo uno dei problemi principali della classe politica dirigente.
Anzi all'interno del Pdl si sarebbero contrapposti per diversi mesi due blocchi: uno facente capo a Venturoni-Di Zio per la costruzione dell'inceneritore teramano e l'altro a Piccone interessato direttamente alla costruzione di un inceneritore nella Marsica.
L'indagine intanto continua anche se i pm, Nicola Trifuoggi, Gennaro Varone, Annarita Mantini, reputano in gran parte terminato e già definito il quadro delle contestazioni che non sono emerse e che riguardano proprio la parte iniziale dell'inchiesta: il versante pescarese.
Intanto ieri contestualmente alle notifiche delle ordinanze di custodia cautelare a Lanfranco Venturoni e Di Zio e di avvisi di garanzia agli altri 10 indagati, sono scattate le perquisizioni in diverse zone dell’Abruzzo ma anche a Roma. Ed è solo l’ennesimo scandalo politico abruzzese a poco più di due anni dall’ultima umiliazione.

da "PrimaDaNoi.it" in data 23/09/2010   -un'inchiesta che non ha mai fine!-

Un modello da seguire: Valpolicella.

 Cementirossi, ora si ricomincia da zero

FUMANE. Il Tar del Veneto accoglie il ricorso di Legambiente, Fumane Futura, Valpolicella 2000 e di sette privati e annulla tutte le delibere del Comune e della Provincia. Bocciato il permesso di utilizzare 80mila tonnellate l'anno di ceneri pesanti, si torna a 12mila Congelato anche l'ampliamento
Cementirossi dovrà rinunciare ora
all'ampliamento dello stabilimento
Fumane. Cementirossi, tutto da rifare. Il Tar del Veneto accetta il ricorso contro il cementificio e annulla tutte le delibere della Provincia per quanto riguarda la quantità di rifiuti usati nel processo di produzione del cemento. Bocciato anche il progetto di ampliamento e ammodernamento dello stabilimento, che prevedeva, tra le altre cose, la realizzazione di una torre alta 103 metri per contenere un nuovo forno a cicloni. Il ricorso era stato presentato nel 2009 da Legambiente, dall'associazione Valpolicella 2000, dal comitato Fumane Futura e da sette privati cittadini. La notizia bomba è arrivata il martedì in tarda serata con un tamtam di telefonate di sorpresa. «Non ci aspettavamo una sentenza così totale», afferma il presidente di Fumane Futura, Mimmo Conchi, come reazione a caldo: «il giudice boccia tutto e tira le orecchie alla Provincia e alle amministrazioni comunali. La politica dovrebbe tutelare l'ambiente e guardare al futuro di un territorio, specialmente là dove c'è conflitto su iniziative e progetti sempre ritenuti insindacabili perché provenienti da una potente azienda come Cementirossi. Quali sono stati gli interessi tutelati finora? Ora si può parlare di nuovi piani, forse anche di riconversione».
Il ricorso è stato accettato in toto, nel merito e nella forma, e soprattutto ha guardato alla situazione del cementificio in Valpolicella in maniera complessiva: le valutazioni di impatto ambientale per l'uso di rifiuti e l'ammodernamento dello stabilimento con la costruzione della torre vanno visti in una sola ottica, non separatamente, secondo le associazioni. Queste, Fumane Futura e Valpolicella 2000, «debbono ritenersi legittimate», si legge nella sentenza, «atteso il loro indubbio radicamento sul territorio della Valpolicella e il loro fine statutario: dagli statuti si evince che le due associazioni sono preposte alla tutela e alla valorizzazione dell'ambiente». Sugli scavi a Marezzane, invece, non ci sono novità: il parere favorevole dato da Provincia e Regione è soggetto al parere vincolante della Soprintendenza, che si deve ancora esprimere, essendoci delle prescrizioni non ben chiare e disposizioni incomplete non comunicate.
Le conseguenze della sentenza del Tar, oltre a congelare il progetto di ampliamento per vizio di forma e sostanza e motivazioni incoerenti, riguardano l'uso dei rifiuti, che tornano in procedura semplificata: cioè si passa dalle 80mila tonnellate di ceneri pesanti derivate da inceneritori all'anno da mescolare all'impasto del cemento, utilizzate attualmente, alle 12mila tonnellate autorizzate precedentemente. Tali autorizzazioni  dovranno essere rinnovate ogni sei mesi. «La sentenza di fatto boccia la prospettiva di rilancio industriale in Valpolicella con lo smaltimento dei rifiuti, cosa che ci preoccupava molto», continua Conchi, «noi abbiamo presentato nel ricorso molte osservazioni che sono state tutte accolte, in cui abbiamo rilevato omissioni. Ad esempio manca, perché mai presentato, il piano di sicurezza, che è invece molto importante». Soddisfazione è stata espressa anche dal presidente di Legambiente Veneto, Michele Bertucco: «Risultato molto importante, perché in questo modo si potrà ripensare al futuro della Valpolicella; è importante soprattutto che siano state accolte tutte le istanze del ricorso e riconosciuto che l'iter procedurale tenuto dalla Provincia era viziato». Lorenzo Albi, presidente di Legambiente Verona, aggiunge: «La sentenza del Tar è esemplare, in quanto si rileva che la stessa commissione provinciale di Valutazione di impatto ambientale aveva sottolineato questi elementi di incompatibilità, tuttavia aveva dato parere favorevole lo stesso. C'erano tante contraddizioni nelle decisioni prese dalla Provincia, oltre a vizi di forma e sostanza, con motivazioni incoerenti o non date proprio: e questo è stato tenuto in considerazione dal giudice. Viene messo, inoltre, in evidenza anche l'aspetto della viabilità a Fumane, che prevedeva un tavolo di discussione tra tutti i soggetti interessati, mai fatto; inoltre vengono contraddette le valutazioni fatte dall'amministrazione comunale di Fumane. Complessivamente viene dichiarata l'illegittimità del progetto di ampliamento. Questa decisione del Tar del Veneto senz'altro comporterà che ci sia una revisione nell'uso di rifiuti da parte dei cementifici in generale e si può ipotizzare che quest'uso sia d'ora in poi illegittimo». «Infatti finora», continua Albi, «i cementifici hanno sempre fatto tutto quello che volevano. E non si può continuare a dire che ormai in Valpolicella c'è il cementificio da 40 anni, quindi accettiamo tutto quello che viene».