venerdì 19 agosto 2011

 Inceneritori, perché NO

1. L’incenerimento dei rifiuti li trasforma in nanoparticelle tossiche e diossine
2. L’incenerimento necessita di sostanze come acqua, calce, bicarbonato che aumentano la massa iniziale dei rifiuti
3. Da una tonnellata di rifiuti vengono prodotti fumi e 300 kg di ceneri solide e altre sostanze.
     - le ceneri solide vanno smaltite per legge in una discarica per rifiuti tossici nocivi, rifiuti estremamente più pericolosi delle vecchie discariche
     - i fumi contengono 30 kg di ceneri volanti cancerogene, 25 kg di gesso
     - l’incenerimento produce 650 kg di acque inquinate da depurare
4. Le micro polveri (pm 2 fino a pm 0,1) derivanti dall’incenerimento se inalate dai polmoni giungono al sangue in 60 secondi e in ogni altro organo in 60 minuti
5. Le patologie derivanti dall’inalazione sono: cancro,malformazioni fetali, Parkinson, Alzheimer, infarto e ictus. Lo comprovano migliaia di lavori scientifici
6. Gli inceneritori, detti anche termovalorizzatori, sono stati finanziati con il 7% della bolletta dell’Enel associandoli alle energie rinnovabili insieme ai rifiuti delle raffinerie di petrolio al carbone. Senza tale tassa sarebbero diseconomici. Nell’ultima Finanziaria è stato accordato il finanziamento, ma solo agli inceneritori già costruiti.
7. In Italia ci sono 51 inceneritori, sarebbe opportuno disporre di centraline che analizzino la concentrazione di micro polveri per ognuno di essi, insieme all’aumento delle malattie derivate sul territorio nel lungo periodo
8. I petrolieri, i costruttori di inceneritori e i partiti finanziati alla luce del sole da queste realtà economiche sono gli unici beneficiari dell’incenerimento dei rifiuti.


LE ALTERNATIVE:
Riduzione dei rifiuti, raccolta differenziata, riciclaggio e bioessicazione


1. Riduzione dei rifiuti (Berlino, per fare un esempio, ha ridotto in sei mesi i rifiuti del 50%)
2. Raccolta differenziata porta a porta con tariffa puntuale
3. Riciclo di quanto raccolto in modo differenziato
4. Quanto rimane di rifiuti dopo l’attuazione dei primi tre punti va inviato a impianti per una selezione meccanica delle tipologie dei rimanenti rifiuti indifferenziati. La parte non riciclabile può essere trattata senza bruciarla con in impianti di bioessicazione
5. In termini economici non conviene bruciare in presenza di una
raccolta differenziata perchè:
- il legno può essere venduto alle aziende per farne truciolato
- il riciclaggio della carta rende più dell’energia che se ne può ricavare
- il riciclaggio della plastica è conveniente. Occorrono 2/3 kg di petrolio per fare un kg di plastica
6. La raccolta differenziata può arrivare al 70% dei rifiuti, il
30% rimanente può ridursi al 15-20% dopo la bioessicazione.
Una quantità che è inferiore o equivale agli scarti degli inceneritori. Ma si tratta di materiali inerti e non tossici con minori spese di gestione ed impatti ambientali sanitari Se nel settore dei rifiuti non ci fossero le attuali realtà, per legge, di monopoli privati a totalità di capitale pubblico, ma una reale liberalizzazione del mercato, la concorrenza tra le aziende avverrebbe sulla capacità di recupero e l’incenerimento sarebbe superato.



www.beppegrillo.it

martedì 9 agosto 2011

COME FUNZIONA UN CEMENTIFICIO CHE FUNGE DA INCENERITORE DI RIFIUTI? (Le avventure del cementificio mascherato!)

Ritorniamo all'istanza legata al Cementificio Italcementi di Scafa, che secondo il piano regionale, a breve inizierà ad incenerire rifiuti all'interno dei forni dello stabilimento. Secondo il loro progetto si attuerà questo processo per risparmiare sui costi di combustione per la produzione di cemento.
Ma è fondamentale approfondire!
Vi presentiamo,perciò, una relazione elaborata dal Centro per la Salute"Giulio A. Maccacaro" (VA)
Movimento di lotta per la Salute
Medicina democratica


INCENERIMENTO DI RIFIUTI NEI CEMENTIFICI

  •  I CEMENTIFICI, BRUCIANDO RIFIUTI, RECUPERANO ENERGIA E FANNO RISPARMIARE CONSISTENTI QUANTITA' DI COMBUSTIBILI FOSSILI TRADIZIONALI. LE NORMATIVE NAZIONALI ED EUROPEE SPINGONO VERSO IL RECUPERO ENERGETICO DEI RIFIUTI ANCHE PRESSO I CEMENTIFICI?
 Il “risparmio” è molto minore di quello dichiarato per intrinseche limitazioni di processo;nella realtà i cementifici accettano rifiuti non perché “risparmiano” combustibili fossili ma per i guadagni connessi allo smaltimento dei rifiuti. Il vero risparmio energetico sta nel riciclaggio dei rifiuti (anche dei solventi, cosa tecnicamente possibile e applicata da anni). E’ solo la normativa nazionale (il decreto Ronchi, in quanto i cementifici sono tra gli impianti assoggettabili alle “procedure semplificate” in caso di utilizzo di rifiuti solidi – RDF/CDR – in parziale sostituzione di combustibili fossili tradizionali) che “spinge” (leggi semplifica) in tal senso. Viceversa a livello europeo la recente direttiva (del dicembre 2000) sugli inceneritori ricomprende
anche i cementifici tra gli impianti di coincernerimento e li tratta – sotto il profilo autorizzativo – come impianti di smaltimento dei rifiuti (ovvero soggetti ad autorizzazioni “normali” e, ove occorrente, all’obbligo di Valutazione di impatto ambientale).
  • I CEMENTIFICI "DISTRUGGONO" I RIFIUTI ALTRETTANTO EFFICACEMENTE DI ALTRI IMPIANTI DI SMALTIMENTO (INCENERITORI) ?
Secondo l’EPA i cementifici USA sono la seconda fonte di diossine e furani degli USA (dopo gli inceneritori per rifiuti urbani e prima di quelli per rifiuti ospedalieri) grazie alla scelta di utilizzarli per bruciare rifiuti industriali (in particolare solventi e simili). L’EPA ha inoltre stimato una emissione di diossine pari a 0,29 nanogrammi di diossine equivalenti per kg di clinker prodotto nei cementifici che non utilizzano rifiuti come combustibili e di 24,34 nanogrammi/kg invece nei cementifici che usano rifiuti come combustibile, in altri termini la combustione di rifiuti da emettere da un cementificio 80 volte più diossine rispetto all’utilizzo dei
combustibili fossili usuali. Sempre negli USA, per lo stesso motivo, i cementifici sono la seconda fonte di emissione di Mercurio e producono significative emissioni di acido cloridrico.

  • I FORNI DEI CEMENTIFICI FUNZIONANO A TEMPERATURE PIU' ELEVATE E CON TEMPI PIU' LUNGHI DI RESIDENZA DEI FUMI, RISPETTO AGLI INCENERITORI-"TERMOVALORIZZATORI"?
Le temperature variano a seconda del punto del forno e l’efficienza di combustione varia in relazione alla zona e alle modalità di alimentazione del rifiuto/combustibile. In caso di anomalie le parti più volatili dei rifiuti solidi possono essere rilasciati così rapidamente che non vengono ossidati completamente (con elevate concentrazioni di composti incombusti molto tossici).
Il tempo di residenza dei gas a temperature elevate è bassa e in una atmosfera povera di ossigeno – per motivi di processo - i cementifici non hanno post combustori per evitare o ridurre gli effetti di tali condizioni di combustione inadeguate. Rispetto agli inceneritori per rifiuti sono emessi più diossine e furani a parità di rifiuti combusti.
  •  LE TEMPERATURE DI PROCESSO NON SUBISCONO MODIFICHE REPENTINE OVVERO GARANTISCONO, IN OGNI MOMENTO, LE CONDIZIONI IDONEE PER LA "DISTRUZIONE" COMPLETA DEI RIFIUTI ANCHE NEL CASO DI ELEVATE CONCENTRAZIONI DI SOSTANZE IDROCARBURICHE E CLORURATE NEI RIFIUTI?
 Le temperature sono diverse a seconda del punto dell’impianto: nelle sezioni di pretrattamento e nella sezione finale “fredda” vi sono punti del forno in cui le temperature sono molto più basse. La presenza di una atmosfera con poco ossigeno ed elevati tenori di monossido di carbonio favorisce la sintesi di composti idrocarburici clorurati e non, quest’ultimo è un fatto accertato e rende impossibile valutare l’efficienza di combustione stessa di un cementificio con combustibile tradizionale, figuriamoci con altre tipologie di rifiuti (in altri termini il “tradizionale” elevato tenore di inquinanti nelle emissioni di un cementificio funge da “copertura” pe r gli inquinanti aggiuntivi specifici prodotti dalla combustione di rifiuti, in particolare per i microinquinanti clorurati).Il monossido di carbonio, presente nei fumi grezzi dei cementifici, è da 10 a 50 volte maggiore di quello presente nei fumi grezzi degli inceneritori per rifiuti : un inceneritore verrebbe spento se presentasse valori di monossido di carbonio all’emissione così elevati come quelli necessari ai cementifici per il loro processo produttivo del clinker. Il monossido di carbonio è indice di elevati livelli di altre sostanze tossiche come benzene e idrocarburi policiclici aromatici. I cementifici non sono equipaggiati con specifici sistemi di abbattimento delle polveri e tantomeno per i microinquinanti; viceversa in un cementificio sono diversi e molti i punti di emissioni tramite i quali è facile “dirottare” parte delle emissioni in punti in cui la normativa non obbliga ad avere sistemi di monitoraggio.

  • IL CALCARE, UTILIZZATO PER LA PRODUZIONE DEL CEMENTO, AGISCE COME UNO "SCRUBBER" NATURALE, BLOCCANDO IL CLORO E ALTRI COMPONENTI TOSSICI PRODOTTI DALLA COMBUSTIONE DI RIFIUTI?
Fatti : recenti studi contraddicono tale “potere” del calcare che non renderebbe disponibile il cloro per le reazioni di clorurazione e sintesi di microinquinanti cloro-organici (come diossine e furani). In altri termini la capacità di assorbimento del cloro è limitata e non assoluta come fanno intendere i fautori della combustione di rifiuti nei cementifici.
  •  I SISTEMI DI ABBATTIMENTO DEI CEMENTIFICI HANNO UNA ELEVATA EFFICIENZA PER RIMUOVERE I METALLI PESANTI E GLI ALTRI TOSSICI PRESENTI NEI FUMI. LE LORO PRESTAZIONI SONO PARAGONABILI A QUELLI DEGLI INCENERITORI?
Se fosse vero perché i cementieri si sono opposti ai limiti di emissione più restrittivi inseriti nella direttiva del dicembre 2000 sull’incenerimento di rifiuti, ancora da recepire in Italia ? I cementieri si sono sempre opposti a limiti più restrittivi per la definizione di limiti di emissione per piombo, arsenico, cadmio, per la definizione di misure di efficienza della combustione (es. rapporto tra monossido e biossido di carbonio). I cementieri USA hanno chiesto l’esclusione delle norme che obbligano alla messa in discarica delle polveri dei cementifici.Confrontando le emissioni  con e senza rifiuti in linea di massima vi può essere una riduzione in termini di emissioni di zolfo (in quanto i rifiuti di norma hanno meno zolfo rispetto al carbone o agli oli combustibili) e di ossidi di azoto (indice di un minor utilizzo di aria comburente); per tutti gli altri parametri vi è un incremento più o meno significativo delle emissioni. (vedi tabella 10 nel link riportato in basso)

  • STUDI SUI RISCHI PER LA SALUTE PUBBLICA ASSOCIATI ALLA COMBUSTIONE DI RIFIUTI PRESSO CEMENTIFICI HANNO EVIDENZIATO UN BASSO LIVELLO DI RISCHIO E COMUNQUE UN LIVELLO NON SUPERIORE A QUELLO DOVUTO ALL'USO DI COMBUSTIBILI TRADIZIONALI E AGLI INCENERITORI PER RIFIUTI?
I cementifici negli USA (i maggiori utilizzatori di “combustibili da rifiuti”) si oppongono ad accertamenti sui rischi per la salute dovuti alle emissioni dagli impianti di produzione e per lo smaltimento delle polveri. L’EPA ha, in ogni caso, rilevato nel 1995 incrementi significativi delle emissioni di mercurio che è uno dei maggiori composti tossici per l’uomo. Inoltre l’arricchimento delle polveri emesse in diossine e metalli pesanti incrementa il rischio connesso all’espos izione a tali polveri da parte della popolazione esposta.
  • LA QUALITA' DEL CEMENTO OTTENUTO DA FORNI CHE BRUCIANO RIFIUTI E' INDISTINGUIBILE DA QUELLA OTTENUTA DA CEMENTIFICI CHE USANO COMBUSTIBILI TRADIZIONALI?
Nell'ultima tabella illustrata nel link in basso sono riportati i dati di composizione di cementi realizzati con e senza l’utilizzo di combustibili /rifiuti. Si nota un innalzamento dei livelli di diversi metalli pesanti (diversi dei quali hanno una elevata mobilità, possono cioè “uscire” dal cemento per contamina re l’esterno). Anche se non vengono superati i limiti previsti dalle norme UNI sul cemento, il peggioramento è visibile. Non vi sono ancora idonei studi relativi alla durabilità e la qualità del cemento prodotto con e senza l’utilizzo di rifiuti. Negli USA i cementieri sono obbligati a contrassegnare i contenitori di cemento ottenuto con l’utilizzo di rifiuti come combustibili.
  •  LE CONDIZIONI DI SICUREZZA E IGIENE NEI CEMENTIFICI SONO TALI DAGARANTIRE LA SALUTE DEI LAVORATORI ANCHE NEL CASO DI COMBUSTIONE DI RIFIUTI?
Le polveri di cemento sono molto dannose e producono problemi alle vie respiratore e di tipo allergico ai lavoratori dei cementifici provocate in particolare dai cromati solubili presenti nel cemento. L’arricchimento di tali polveri in altri contaminanti è tale che le polveri sono da considerarsi rifiuti tossico-nocivi. Studi su lavoratori del cemento esposti a polveri con metalli pesanti e diossine dovuti alla combustione di rifiuti in cementifici hanno evidenziato incrementi in patologie asmatiche e in patologie tumorali alla pelle e del polmone (Germania); uno studio svedese ha evidenziato un incremento del 60 % di rischio per cancro al retto dei lavoratori in cementifici con combustione di rifiuti rispetto a quelli senza.



http://www.circoloambiente.org/cementeria/cementificimd.pdf

lunedì 8 agosto 2011

Rifiuti, il piano di Di Zio per l'inceneritore

I legami con Gerardini e anche il tentativo di avvicinare Sorgi, dirigente della Regione. 

PESCARA. «Perché le persone importanti, quando tieni una persona buona, tieni una persona buona». Parola di Ettore Ferdinando Di Zio, patron della Deco spa insieme al fratello Rodolfo Di Zio. In un colloquio intercettato i due imprenditori parlano di come «avvicinare» il dirigente regionale Antonio Sorgi, capo di Franco Gerardini. Il retroscena è raccontato in un rapporto della squadra mobile lungo 346 pagine che fotografa la facilità dei vertici della Deco di Spoltore di stringere alleanze con politici e funzionari apicali dell'amministrazione regionale.

GERARDINI. Secondo la squadra mobile, come riporta l'informativa redatta dal sostituto commissario Giancarlo Pavone e controfirmata dall'ex dirigente Nicola Zupo, il dirigente regionale del servizio Gestione rifiuti Gerardini, 57 anni, ex sindaco di Giulianova e deputato Pds, è «determinante» per i Di Zio: tra Gerardini e i Di Zio pare esserci un legame di confidenza e, in un'intercettazione, si parla di un locale del dirigente da affittare agli imprenditori. Gerardini non è indagato in questo procedimento: il dirigente è sotto inchiesta, per abuso d'ufficio, per due permessi all'Ecologica Sangro, un'altra ditta dei Di Zio, riguardo alla discarica di Cerratina a Lanciano e negati a un'impresa concorrente. Per l'informativa, i Di Zio provano ad «avvicinare» Antonio Sorgi (non indagato, ndr), capo di Gerardini e dirigente dell'area Ambiente della Regione Abruzzo, per ottenere il sì a un termovalorizzatore da costruire a Teramo o a Città Sant'Angelo.

SORGI. Il dettaglio, dicono i Di Zio, è che «Sorgi è una brava persona» e mette in discussione il loro «monopolio» nel ciclo abruzzese dei rifiuti. Ecco il colloquio del 9 agosto 2009 tra i fratelli Rodolfo, indagato nel filone teramano sulla Team, ed Ettore Ferdinando, indagato nella costola Ecoemme di Montesilvano. Rodolfo: «Mo' vediamo un po' quello che ci viene fuori. Io sto lavorando molto sul fatto di fare un impianto solo speriamo che, solo che ci stà quel cazzo di Sorgi». Ettore Ferdinando: «Non si riesce». Rodolfo: «Eh, difficile, perché ha preso quel cazzo di comando». Ettore Ferdinando: «Sorgi, dovremmo vedere come cazzo si può avvicinare perché Sorgi è importante». Rodolfo: «Sorgi aveva fatto una società con coso, perché tra l'altro è una brava persona, lui ed altre due». Ettore Ferdinando: «Amico». Rodolfo: «Chi?». Ettore Ferdinando: «Il geometra nostro». Rodolfo: «Eh, non è sicuro». Ettore Ferdinando: «Eh, però, qualcuno per entrarci». Rodolfo: «Eh ci sta, chi ce l'ha messo chi è coso, il senatore, hai capito? Io l'ho detto, pure, ma perché Sorgi non si calma a dire'ste cazzate». Ettore Ferdinando: «Dicono che è una brava persona». Rodolfo: «Sì una brava persona, lui ha sempre parlato di monopolio, monopolio, monopolio, monopolio. Mo' parlando sempre di'sto cazzo di monopolio, tu arrivi che rompi pure i coglioni».
«COMANDIAMO NOI». In un'altra conversazione con il fratello, del 30 gennaio 2009, Rodolfo sembra sicuro di riuscire a influenzare le scelte della Regione grazie una benedizione dall'alto. Rodolfo: «A Sorgi già gli hanno tagliato i piedi e gli hanno spuntato la coda, Sorgi caro mio, mo' con noi che comandano solo loro... che comandiamo solo noi». Ettore Ferdinando: «Ce l'ha con noi». Rodolfo: «Gli è arrivato un siluro mo', gli è arrivato un siluro dal presidente diretto... un candidato del...».

LE REAZIONI. «I rapporti tra politica, funzionari e Deco vanno oltre la normalità», così interviene il segretario regionale di Rifondazione comunista Marco Fars, «consigliamo a Gerardini di passare ad altro incarico in Regione per dimostrare la sua estraneità alle contestazioni e fugare ogni dubbio in merito a quanto traspare dalle intercettazioni. Non possono esserci ombre sui soggetti pubblici, a cominciare dal presidente Gianni Chiodi che ha già perso due assessori su questo terreno».

da "il Centro" 7 agosto 2011

domenica 7 agosto 2011

INCHIESTA "RE MIDA": PIU' GRANDE DI SANITOPOLI. AL SERVIZIO DI DI ZIO

RIFIUTOPOLI. ABRUZZO. Tutto quello che toccava doveva diventare oro, grazie ad un monopolio costruito nel tempo e mai ostacolato dalla politica. Anzi…

Così la famiglia Di Zio ed il suo esponente principale, Rodolfo Valentino, secondo la magistratura pescarese, brigava per mantenere a tutti i costi il suo strapotere nel campo dello smaltimento dei rifiuti in Abruzzo. E per fare affari d’oro 'comprava' politici, anche per cifre irrisorie. Un imprenditore a cui piace vincere facile sfruttando la facile via della corruzione per abbattere la concorrenza con ripercussioni devastanti per l’interesse pubblico.
Elargizioni di ogni tipo, spesso contributi elettorali “regolarmente registrati” ma frutto di presunti accordi corruttivi, dunque corruzione, tanto che spesso gli stessi amministratori si sono trovati a redigere atti che “casualmente” avvantaggiavano Di Zio. Atti spesso illegittimi o a loro volta comprati o viziati.
Tutto nel nome degli affari, legati ai rifiuti ed allo smaltimento, in questo caso si trattava di costruire un impianto di bioessiccazione per la produzione di ecoballe che possono servire solo  come combustibile per inceneritori, un investimento da 15 milioni che avrebbe portato ricavi di almeno 100 milioni di euro in poco tempo. Ecco perché la Procura di Pescara ha chiamato questa (che è un'inchiesta molto più vasta e devastante di Sanitopoli), “Mida’s case”, appunto “inchiesta Re Mida”.
Un'indagine diversa dalle altre perché a fronte di soli due arresti –peraltro domiciliari chiesti dagli stessi pubblici ministeri- lo scenario descritto è di asservimento totale della politica agli interessi dell'imprenditore che deve fare affari. Situazione peraltro già scoperta svariate volte in tutte le recenti  indagini sulla pubblica amministrazione degli ultimi anni.
Circa 10 uomini della Squadra mobile (quando la media è di circa 3-4 persone), per circa due anni, hanno ascoltato oltre 50.000 conversazioni telefoniche intercettate principalmente sui telefoni dei Di Zio, Venturoni, Stati scoprendo un mondo fino ad oggi solo ipotizzato.
CON L'ESPOSTO SCATTA L'INCHIESTA
L'inchiesta nasce nel novembre 2008 da una relazione di alcuni membri del collegio sindacale dell'organo di controllo a nomina pubblica e da un esposto di Domenico Di Carlo, presidente del consiglio di amministrazione della Ecoemme, la società mista partecipata anche dal Comune di Montesilvano che si occupa della raccolta differenziata nella zona vestina e nella quale si trova l'immancabile partecipazione privata di un'impresa dei Di Zio. Fondamentali saranno anche i contributi dell’ex citymanager di Montesilvano, Rodolfo Rispoli, che porteranno gli inquirenti a mettere uno dopo l'altro i tasselli di un intricato puzzle che da Montesilvano si allarga a Pescara, fino a rimbalzare a Teramo e Chieti passando per il Fucino e la Marsica, feudi del segretario regionale Pdl, Filippo Piccone (non indagato in questo filone). Una inchiesta ancora una volta diretta in perfetta solitudine dalla procura di Pescara che, come successe già nella Sanitopoli di Del Turco, sconfina nell’intera regione e anche questa volta è facile ipotizzare medesimi problemi di competenza territoriale, spesso l'asso nella manica degli avvocati difensori. Per gli inquirenti, però, gli accordi corruttivi principali si sono perfezionati nel distretto pescarese e a Pescara vi è la sede dell’assessorato alla sanità presieduto da Venturoni, anche lui abituato a sconfinare nel campo assegnato alla sua collega Daniela Stati, l’ambiente.
Secondo gli inquirenti l'obiettivo prefissato della famiglia di imprenditori era quella di creare in Abruzzo, grazie ai favori comprati della politica, una situazione di emergenza nel campo dei rifiuti come quello della Campania, che avrebbe permesso di prendere decisioni veloci e immediate, grazie alla stessa emergenza. In queste condizioni sarebbero aumentati i prezzi e le tariffe di cittadini e Comuni ( ciò che sta accadendo adesso, nell'anno corrente 2011) da devolvere ai consorzi e alle ditte che effettuavano il servizio di smaltimento, come detto spesso facenti capo alla stessa famiglia Di Zio. Come pure la raccolta differenziata era percepita dal potente imprenditore come un pericolo e per questo non doveva decollare… OBIETTIVO FINALE: COSTRUIRE IL TERMOVALORIZZATORE
L'obiettivo finale era quello di costruire un termovalorizzatore ma partendo da un impianto che producesse il cosiddetto CDR, cioè rifiuti compressi (ecoballe) che possono essere utilizzate soltanto come combustibile per inceneritori, impianti altamente dannosi per la salute poiché sprigionano, spesso, un alto inquinamento atmosferico. Ma non è stato questo uno dei problemi principali della classe politica dirigente.
Anzi all'interno del Pdl si sarebbero contrapposti per diversi mesi due blocchi: uno facente capo a Venturoni-Di Zio per la costruzione dell'inceneritore teramano e l'altro a Piccone interessato direttamente alla costruzione di un inceneritore nella Marsica.
L'indagine intanto continua anche se i pm, Nicola Trifuoggi, Gennaro Varone, Annarita Mantini, reputano in gran parte terminato e già definito il quadro delle contestazioni che non sono emerse e che riguardano proprio la parte iniziale dell'inchiesta: il versante pescarese.
Intanto ieri contestualmente alle notifiche delle ordinanze di custodia cautelare a Lanfranco Venturoni e Di Zio e di avvisi di garanzia agli altri 10 indagati, sono scattate le perquisizioni in diverse zone dell’Abruzzo ma anche a Roma. Ed è solo l’ennesimo scandalo politico abruzzese a poco più di due anni dall’ultima umiliazione.

da "PrimaDaNoi.it" in data 23/09/2010   -un'inchiesta che non ha mai fine!-

Un modello da seguire: Valpolicella.

 Cementirossi, ora si ricomincia da zero

FUMANE. Il Tar del Veneto accoglie il ricorso di Legambiente, Fumane Futura, Valpolicella 2000 e di sette privati e annulla tutte le delibere del Comune e della Provincia. Bocciato il permesso di utilizzare 80mila tonnellate l'anno di ceneri pesanti, si torna a 12mila Congelato anche l'ampliamento
Cementirossi dovrà rinunciare ora
all'ampliamento dello stabilimento
Fumane. Cementirossi, tutto da rifare. Il Tar del Veneto accetta il ricorso contro il cementificio e annulla tutte le delibere della Provincia per quanto riguarda la quantità di rifiuti usati nel processo di produzione del cemento. Bocciato anche il progetto di ampliamento e ammodernamento dello stabilimento, che prevedeva, tra le altre cose, la realizzazione di una torre alta 103 metri per contenere un nuovo forno a cicloni. Il ricorso era stato presentato nel 2009 da Legambiente, dall'associazione Valpolicella 2000, dal comitato Fumane Futura e da sette privati cittadini. La notizia bomba è arrivata il martedì in tarda serata con un tamtam di telefonate di sorpresa. «Non ci aspettavamo una sentenza così totale», afferma il presidente di Fumane Futura, Mimmo Conchi, come reazione a caldo: «il giudice boccia tutto e tira le orecchie alla Provincia e alle amministrazioni comunali. La politica dovrebbe tutelare l'ambiente e guardare al futuro di un territorio, specialmente là dove c'è conflitto su iniziative e progetti sempre ritenuti insindacabili perché provenienti da una potente azienda come Cementirossi. Quali sono stati gli interessi tutelati finora? Ora si può parlare di nuovi piani, forse anche di riconversione».
Il ricorso è stato accettato in toto, nel merito e nella forma, e soprattutto ha guardato alla situazione del cementificio in Valpolicella in maniera complessiva: le valutazioni di impatto ambientale per l'uso di rifiuti e l'ammodernamento dello stabilimento con la costruzione della torre vanno visti in una sola ottica, non separatamente, secondo le associazioni. Queste, Fumane Futura e Valpolicella 2000, «debbono ritenersi legittimate», si legge nella sentenza, «atteso il loro indubbio radicamento sul territorio della Valpolicella e il loro fine statutario: dagli statuti si evince che le due associazioni sono preposte alla tutela e alla valorizzazione dell'ambiente». Sugli scavi a Marezzane, invece, non ci sono novità: il parere favorevole dato da Provincia e Regione è soggetto al parere vincolante della Soprintendenza, che si deve ancora esprimere, essendoci delle prescrizioni non ben chiare e disposizioni incomplete non comunicate.
Le conseguenze della sentenza del Tar, oltre a congelare il progetto di ampliamento per vizio di forma e sostanza e motivazioni incoerenti, riguardano l'uso dei rifiuti, che tornano in procedura semplificata: cioè si passa dalle 80mila tonnellate di ceneri pesanti derivate da inceneritori all'anno da mescolare all'impasto del cemento, utilizzate attualmente, alle 12mila tonnellate autorizzate precedentemente. Tali autorizzazioni  dovranno essere rinnovate ogni sei mesi. «La sentenza di fatto boccia la prospettiva di rilancio industriale in Valpolicella con lo smaltimento dei rifiuti, cosa che ci preoccupava molto», continua Conchi, «noi abbiamo presentato nel ricorso molte osservazioni che sono state tutte accolte, in cui abbiamo rilevato omissioni. Ad esempio manca, perché mai presentato, il piano di sicurezza, che è invece molto importante». Soddisfazione è stata espressa anche dal presidente di Legambiente Veneto, Michele Bertucco: «Risultato molto importante, perché in questo modo si potrà ripensare al futuro della Valpolicella; è importante soprattutto che siano state accolte tutte le istanze del ricorso e riconosciuto che l'iter procedurale tenuto dalla Provincia era viziato». Lorenzo Albi, presidente di Legambiente Verona, aggiunge: «La sentenza del Tar è esemplare, in quanto si rileva che la stessa commissione provinciale di Valutazione di impatto ambientale aveva sottolineato questi elementi di incompatibilità, tuttavia aveva dato parere favorevole lo stesso. C'erano tante contraddizioni nelle decisioni prese dalla Provincia, oltre a vizi di forma e sostanza, con motivazioni incoerenti o non date proprio: e questo è stato tenuto in considerazione dal giudice. Viene messo, inoltre, in evidenza anche l'aspetto della viabilità a Fumane, che prevedeva un tavolo di discussione tra tutti i soggetti interessati, mai fatto; inoltre vengono contraddette le valutazioni fatte dall'amministrazione comunale di Fumane. Complessivamente viene dichiarata l'illegittimità del progetto di ampliamento. Questa decisione del Tar del Veneto senz'altro comporterà che ci sia una revisione nell'uso di rifiuti da parte dei cementifici in generale e si può ipotizzare che quest'uso sia d'ora in poi illegittimo». «Infatti finora», continua Albi, «i cementifici hanno sempre fatto tutto quello che volevano. E non si può continuare a dire che ormai in Valpolicella c'è il cementificio da 40 anni, quindi accettiamo tutto quello che viene». 

LA LEGGE VIETA I TERMOVALORIZZATORI.


Il piano regionale del 2007 pone precisi vincoli all'incenerimento

PESCARA. La realizzazione di un termovalizzatore in Abruzzo è impossibile, a meno che non si cambi la legge regionale del 2007 che vieta espressamente l'incenerimento dei rifiuti senza aver prima raggiunto una soglia minima del 40 per cento di raccolta differenziata.

È l'articolo 26 della legge numero 45, approvata dalla amministrazione Del Turco, a indicare espressamente un vincolo, al momento difficilmente superabile dall'attuale maggioranza di centrodestra al governo della Regione. Anche perché l'Abruzzo, nonostante l'impegno di 51 Comuni virtuosi (nessuno, tranne Teramo con il 51% di differenziata, dei Comuni capoluogo lo è) risulta ben lontano dall'aver raggiunto, e superato, quella quota minima (40 per cento) prevista per la termovalorizzazione dei rifiuti. La media dei Comuni abruzzesi si colloca infatti ben al di sotto, circa il 28 per cento. Ed è un dato che si apprende molto facilmente scorrendo i dati del servizio ambiente, pubblicati sul sito internet della stessa Regione.

Leggendo tabelle e quadri sinottici, si capisce inoltre che gli abruzzesi producono una quantità di rifiuti pro-capite che va ben oltre la media nazionale ed europea e che, dei cinque impianti di compostaggio disponibili (i centri dove si raccoglie la frazione umida per essere riciclata) soltanto due sarebbero parzialmente operativi, rendendo così molto difficile la vita a tanti sindaci, i quali da mesi sono costretti a dover trasportare lontano dai loro Comuni la parte organica dei rifiuti ottenuta con la raccolta differenziata. Obbligati quindi ad aumentare costi del servizio e tasse a carico dei cittadini, invece di essere incentivati a proseguire sulla strada virtuosa del riciclaggio.
Il presidente Chiodi e l'assessore all'Ambiente, Mauro Di Dalmazio hanno rilanciato nei giorni scorsi la volontà di realizzare inceneritori ma se ne sarà programmato uno, o più impianti, non è stato ancora chiarito. Questa mattina, l'assessore Di Dalmazio terrà una conferenza all'Aquila per illustrare la posizione della giunta regionale. Ma considerando i vincoli dettati dalla legge, e dalle abitudini degli abruzzesi che al momento non sembrano affatto pronti a produrre meno rifiuti, assai difficilmente si potrà dare il via alla realizzazione dei termovalorizzatori. A meno che Chiodi, e la sua maggioranza, non abbiano la forza politica di cambiare la legge in Consiglio regionale, oppure di ottenere dal governo un nuovo commissariamento anche sul fronte dei rifiuti.


I centri di compostaggio sono cinque, di cui quattro pubblici e uno privato. Gli impianti pubblici sono il Cirsu di Notaresco; il Civeta di Cupello, centro gestito dall'Asa ambiente, a Castel di Sangro, per conto della Comunità montana e infine l'Aciam, ad Aielli, nella Marsica. Il quinto impianto disponibile è privato, l'Ecocompost di Avezzano. Ultimamente, due impianti sono andati in difficoltà: il Cirsu, chiuso per criticità ambientali e per una lite insorta tra Cirsu e Sogesa, la società che gestisce il centro di compostaggio. Stessa sorte per l'impianto di Castel di Sangro, dove si è rotto una macchinario e soltanto la scorsa settimana il centro è stato riaperto. L'inceppamento dei siti di compostaggio avrebbe dunque mandato in tilt tutto il sistema del riclaggio in Abruzzo, tant'è che parecchi Comuni avrebbero deciso di smaltire anche la parte organica dei rifiuti, faticosamente ottenuta con la differenziata, nelle discariche ordinarie.
«Un anno fa abbiamo lanciato l'allarme sui rifiuti, oggi raccogliamo il frutto avvelenato e avvelenante di un inceneritore dietro l'angolo». Il vice capogruppo dell'Italia dei Valori, Cesare D'Alessandro, non nasconde la preoccupazione per la svolta impressa dal governatore in tema di rifiuti.
«Chiodi», afferma, «dimostra di non aver compreso il messaggio che il popolo italiano e abruzzese, soltanto pochi giorni fa, ha lanciato con il voto referendario. Si vuole così affrontare un'emergenza che l'inerzia dell'amministrazione regionale, in poco più di due anni, ha contribuito a creare, evitando accuratamente di assumere ogni iniziativa per stimolare la riduzione della produzione dei rifiuti, la raccolta differenziata e il riciclo».

da “Il Centro”6 luglio 2011

Rifiuti, sono tutti coinvolti!

Rifiuti, in un appunto i nomi dei politici.

Nuovo elemento negli atti dell’inchiesta sui rifiuti: su un quaderno sequestratoa un imprenditore milanese citati i senatori Pdl Tancredi, Di Stefano, Piccone e il governatore Chiodi, ma solo i primi due sono indagati
PESCARA. Arriva da Milano a Pescara Antonio Vercesi, funzionario della ditta lombarda Ecodeco srl, con la missione di costruire un termovalorizzatore. Fa domande Vercesi, incontra i politici a cominciare dall'ex assessore regionale alla Sanità Lanfranco Venturoni e appunta su un quaderno la geografia abruzzese dei rifiuti: «L'asse è Piccone/Chiodi», così scrive in una tabella sequestrata.
L'appunto risalente al 2009 è un concentrato di nomi e cognomi di politici collegati con le frecce: «Vercesi, con grande capacità di sintesi», osserva un'informativa di 346 pagine redatta dal sostituto commissario Giancarlo Pavone e consegnata alla procura con la firma dell'ex dirigente della squadra mobile Nicola Zupo,”annota il coinvolgimento dei politici abruzzesi nella vicenda, indicando anche parlamentari di riferimento, a conferma del grosso interesse politico nella vicenda, in tema di spartizione di affari”.Vercesi cita i senatori Pdl Paolo Tancredi, Filippo Piccone e Fabrizio Di Stefano, il governatore Gianni Chiodi e l'assessore regionale Alfredo Castiglione ma tra gli indagati nell'inchiesta condotta dal pm Gennaro Varone sul termovalorizzatore di Teramo ci sono soltanto Tancredi e Di Stefano accusati di corruzione.
L'indagine di Varone è parallela all'inchiesta condotta dalla pm Anna Rita Mantini sulla spazzatura di Montesilvano e sulla società mista Ecoemme che coinvolge il consigliere comunale e regionale Lorenzo Sospiri, il sindaco della città Pasquale Cordoma e altri sette tra politici e imprenditori. Altri due stralci riguardano il consorzio rifiuti di Lanciano e l'ex zuccherificio di Celano.

«QUATTRO IMPIANTI»
Con i suoi appunti, Vercesi disegna una mappa dei termovalorizzatori che interessa siti a Montesilvano, Città Sant'Angelo, Teramo e Celano: per gli investigatori, si tratta di documenti decisivi in vista della seconda udienza preliminare dell'11 ottobre prossimo. «Ne ho parlato con Venturoni, dice che dovremmo fare quattro impianti perché ci esce», così parla al telefono Rodolfo Di Zio, patron della Deco spa di Spoltore accusata di detenere il monopolio dei rifiuti in Abruzzo, «quattro impianti non ci esce, qua ce ne esce uno perché massimo saranno 170-180 mila tonnellate di cdr, più o meno. Abbiamo già chiesto il preventivo di 180 mila tonnellate e costa cento milioni di euro, io ho individuato un terreno a Città Sant'Angelo».

BERLUSCONI.
L'affare termovalorizzatori coinvolge, insieme alla Deco, anche l'Ecodeco, una ditta controllata dal colosso milanese A2a. È Di Zio a rivelare l'importanza dell'A2a in un colloquio intercettato con il nipote Ettore Paolo Di Zio: «Perché la l'A2a mi ha detto... io chiamo Berlusconi e gli faccio dire al presidente della giunta regionale che l'inceneritore si fa là». Anche Vercesi, al telefono con Venturoni, cita il presidente del consiglio: «La A2a, attraverso noi, siamo la società di punta dell'ambiente di Berlusconi».

TANCREDI.
Nell'appunto scritto il 14 aprile 2009, è citato il senatore Pdl Tancredi come «vicino a Chiodi». Sulla tabella compaiono l'assessore regionale alle Attività produttive Castiglione, il senatore Piccone, coordinatore regionale Pdl, e «a cascata», dice la squadra mobile, «l'area parlamentare di appartenenza al movimento politico di Fabrizio Cicchitto». Ma, secondo l'informativa, Vercesi «individua in Piccone il referente principale del presidente Chiodi»: «L'asse è Piccone/Chiodi», scrive Vercesi con due punti esclamativi.

MONOPOLIO DI ZIO.
Nella mappa dell'Abruzzo dei rifiuti, è inevitabile un riferimento all'imprenditore Di Zio, titolare della Deco con il fratello Ettore Ferdinando Di Zio. Il senatore Pdl Fabrizio Di Stefano, indagato nel filone teramano, viene accreditato nell'area di Altero Matteoli, indicato come «referente» di Di Zio «ma individuato come politico relegato ai margini della scena politica». Nell'appunto spunta anchePiero Renzetti: l'avvocato «vicino a Chiodi» ha un sito dove, accusa la squadra mobile, «cerca di impiantare il complesso industriale».
da "Il Centro" 19 luglio 2011

Insomma c'è un quadro ben programmato riguardo ai rifiuti e alla relativa fruttuosa speculazione!

venerdì 5 agosto 2011

I Rifiuti Urbani sono una fonte di energia rinnovabile?



L’Unione Europea crede nelle fonti energetiche rinnovabili e con la Direttiva 2001/77/CE si è posta l’obiettivo minimo di produrre il 22,1% di elettricità da fonti energetiche rinnovabili entro il 2010. E per non sbagliare, in questo stesso Decreto la stessa Unione Europea ha fatto un puntuale elenco di quali sono le fonti di energia rinnovabile:
  • Eolica
  • Solare
  • Geotermica
  • Moto ondoso
  • Maremotrice (maree)
  • Idraulica
  • Biomassa
  • Gas di discarica
  • Gas residuati dai processi di depurazione e biogas
Per evitare confusione il decreto precisa anche cosa si intende per biomasse: “La parte biodegradabile dei prodotto, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura (comprendenti sostanze vegetali ed animali) e dalla silvicoltura e dalle industri connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani”.
E conoscendo i suoi “polli”, nel preambolo della Direttiva, al punto 8, la Direttiva precisa:

“Nel contesto di un futuro sistema di sostegno alle fonte energetiche rinnovabili non bisognerebbe promuovere l’incenerimento dei rifiuti urbani non separati, se tale promozione arrecasse pregiudizio alla gerarchia di trattamento dei rifiuti (prima ridurre, poi riciclare, poi recuperare materia, infine recuperare energia.)

Nel dicembre 2003, con il Decreto n 387, l’Italia recepisce questa direttiva e all’art. 2, comma a, diligentemente chiarisce quali sono le fonti energetiche rinnovabili, riprendendo alla lettera  l’elenco della UE.
Il Decreto 387, a sua volta, si propone di promuovere la produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili con incentivi economici denominati “Certificati Verdi”.
In sintesi, il 2% di elettricità che le aziende italiane producono o importano deve derivare da fonti rinnovabili. Le quote di energia rinnovabile che spettano a ogni azienda possono essere autoprodotte oppure acquistate, sotto forma di Certificati Verdi, da chi effettivamente produce energia elettrica da fonte rinnovabile.
Il valore di un Certificato Verde varia in base alle richieste del mercato: nel 2004 un chilowattora da fonte energetica “rinnovabile” è stato pagato 9,74 centesimi. Oltre a questo eco incentivo, lo stesso chilowattora prodotto da fonte rinnovabile, ha ricevuto dal gestore della rete il valore corrente pagato per l’elettricità prodotta da fonte convenzionale (5,6 centesimi/kwh), totalizzando un guadagno complessivo di 15,34 centesimi a chilowattora.
Arrivato alla lettura dei primi articoli del Decreto 387, l’ambientalista “DOC” si sentirebbe in dovere di ringraziare  il ministro che lo ha firmato, per il sostanziale contributo dato allo sviluppo dell’energia rinnovabile , ma arrivato all’art 17 , lo stesso ambientalista sarebbe costretto a ricredersi, in quanto con un colpo di genio, tutto italico, la lobby degli inceneritori è riuscito ad introdurre nel Decreto, questo codicillo:
“ …sono ammessi  a beneficiare del regime riservato alle fonti energetiche rinnovabili i rifiuti, ivi compresa, anche tramite il ricorso a misure promozionali, la frazione non biodegradabile e i combustibili derivati dai rifiuti…”

Nel 2003, in Italia, sono stati emessi 34.617 Certificati Verdi (un Certificato Verde equivale alla produzione di 100.000 chilowattore di elettricità).
La maggior parte di questi certificati derivano dalla produzione di elettricità da vere fonti rinnovabili: idroelettrica (39,6%), geotermica (32,6%), eolica (12,2%), fotovoltaica (0,1%).
La produzione di elettricità prodotta bruciando biomasse e rifiuti, la cui rinnovabilità è alquanto dubbia, visto che l’unica componente dei rifiuti degna di attenzione per il suo potere calorifico sono le plastiche, ha coperto il 15,6% della emissione di Certificati Verdi, il cui valore commerciale è stato di 44,5 milioni di euro.
Pertanto, grazie al trucchetto dell’articolo 17, si è fatto un piacere ai gestori di inceneritori e si sono sottratti gran parte dei 44,5 milioni di euro di incentivi alle vere fonti energetiche rinnovabili.

Ma il “piatto” dell’incenerimento dei rifiuti è ancora più ricco e anche, è il caso di dirlo, più sporco.
Nel 1992, il Comitato Interministeriale dei prezzi, con la Delibera del 29 aprile, aveva già provveduto, con il sesto provvedimento emanato quell’anno (di qui il nome comune di questo provvedimento: CIP6) ad incentivare (poco) le autentiche fonti energetiche “rinnovabili” mentre chiaramente lo scopo di questo decreto era di agevolare in primo luogo le fonti “assimilabili”, tra le quali, oltre ai soliti rifiuti urbani, gli  “scarti di lavorazione e fonti fossili prodotte esclusivamente da giacimenti minori isolati”. Non ci è chiaro chi siano i beneficiari di questa Delibera ,ma sicuramente  la maggior parte dei finanziamenti del CIP6 vanno a queste fonti  energetiche “assimilate” a quelle rinnovabili solo dal fatto che ricevono gli stessi incentivi.
Come si diceva, il piatto dei CIP6 è enormemente più ricco di quello dei Certificati Verdi, in quanto nel 2004 gli incentivi CIP6 sono stati di ben 2,4 miliardi di euro, di cui l’8% (circa 200 milioni di euro) è andato ancora una volta ai termovalorizzatori, in particolare all’inceneritore di Brescia che “termovalorizzando” 700.000 tonnellate annue di rifiuti e biomasse ha incassato, come incentivi CIP6, qualcosa come 69 milioni di euro, pagati da tutte le famiglie italiane con la loro bolletta della luce.
Pertanto nel 2004, grazie a CIP6 e Certificati Verdi, i novanta termovalorizzatori di biomasse e rifiuti, attualmente in funzione in Italia, hanno ricevuto incentivi per 144 milioni di euro,  pagati letteralmente da tutti gli italiani e sottratti allo sviluppo delle vere fonti energetiche rinnovabili.
Ad esempio, questa bella cifra avrebbe potuto incentivare l’installazione di decine di migliaia di pannelli foto-voltaici che costano ancora molto, ma hanno un impatto ambientale nullo e la possibilità, anche per pochi metri quadrati, di essere collocati su gran parte dei tetti, delle terrazze, delle tettoie, delle pensiline del nostro Bel Paese.
In questo modo ogni famiglia italiana potrebbe immettere direttamente in rete l’elettricità prodotta con energia solare e diventata produttrice, godere legittimamente, come da tempo si fa in Germania, dei vantaggi economici dei Certificati Verdi.


(Questo articolo è necessario per rendere
chiara la faccenda italiana,innanzitutto)


 

Ricominciamo dalla correttezza!

http://territorio.regione.abruzzo.it/index.asp?modello=schedaIntervento&servizio=xList&stileDiv=mono&template=default&b=via&b=via249&tom=249

Riportiamo qui la richiesta della Validità Impatto Ambientale depositata in regione nello scorso ottobre 2010, pubblicata sul sito della Regione Abruzzo,
una richiesta tristemente abbandonata al suo destino dalla "distratta" commissione di VIA.

La mettiamo nuovamente in evidenza sottolineando la figura del dirigente del servizio gestione rifiuti regione Abruzzo Franco Gerardini., nonchè membro della commissione della VIA .

COSTUI appunto è indagato per abuso d'ufficio e favori a una delle società dei Di Zio, la Ecologica Sangro srl . Un altro episodio in cui scadono le premure verso il territorio favorendo esclusivamente i contatti con le società private "amiche" sottovalutando l'importanza ambientale delle responsabilità che si vanno a prendere nei confronti di un territorio!!
E appunto viene tirata in ballo la figura della società DECO, (sempre della famiglia Di Zio, e partner di rilievo dell' Ecologica Sangro), molto "ATTIVA" nel settore del recupero energetico da biomasse e CDR, nonchè futura fornitrice di Combustibile Da Rifiuto del Cementificio Italcementi di Scafa.

I calcoli tornano e da qui si evince il comportamento scorretto di un Dirigente che avrebbe dovuto occuparsi della supervisione del rispetto delle regole ambientali, invece di mobilitarsi in attività alquanto sospette a favore di una cosca Abruzzese che - aimè- sta conquistando il monopolio all'interno del nostro territorio!

Andando a leggere attentamente la richiesta di VIA noterete che uno degli "addetti" alla valutazione è proprio il nostro amico Franco Gerardini,
a voi le dovute considerazioni.