RIFIUTOPOLI. ABRUZZO. Tutto quello che toccava doveva diventare oro, grazie ad un monopolio costruito nel tempo e mai ostacolato dalla politica. Anzi… Così la famiglia Di Zio ed il suo esponente principale, Rodolfo Valentino, secondo la magistratura pescarese, brigava per mantenere a tutti i costi il suo strapotere nel campo dello smaltimento dei rifiuti in Abruzzo. E per fare affari d’oro 'comprava' politici, anche per cifre irrisorie. Un imprenditore a cui piace vincere facile sfruttando la facile via della corruzione per abbattere la concorrenza con ripercussioni devastanti per l’interesse pubblico. Elargizioni di ogni tipo, spesso contributi elettorali “regolarmente registrati” ma frutto di presunti accordi corruttivi, dunque corruzione, tanto che spesso gli stessi amministratori si sono trovati a redigere atti che “casualmente” avvantaggiavano Di Zio. Atti spesso illegittimi o a loro volta comprati o viziati. Tutto nel nome degli affari, legati ai rifiuti ed allo smaltimento, in questo caso si trattava di costruire un impianto di bioessiccazione per la produzione di ecoballe che possono servire solo come combustibile per inceneritori, un investimento da 15 milioni che avrebbe portato ricavi di almeno 100 milioni di euro in poco tempo. Ecco perché la Procura di Pescara ha chiamato questa (che è un'inchiesta molto più vasta e devastante di Sanitopoli), “Mida’s case”, appunto “inchiesta Re Mida”. Un'indagine diversa dalle altre perché a fronte di soli due arresti –peraltro domiciliari chiesti dagli stessi pubblici ministeri- lo scenario descritto è di asservimento totale della politica agli interessi dell'imprenditore che deve fare affari. Situazione peraltro già scoperta svariate volte in tutte le recenti indagini sulla pubblica amministrazione degli ultimi anni. Circa 10 uomini della Squadra mobile (quando la media è di circa 3-4 persone), per circa due anni, hanno ascoltato oltre 50.000 conversazioni telefoniche intercettate principalmente sui telefoni dei Di Zio, Venturoni, Stati scoprendo un mondo fino ad oggi solo ipotizzato. CON L'ESPOSTO SCATTA L'INCHIESTA L'inchiesta nasce nel novembre 2008 da una relazione di alcuni membri del collegio sindacale dell'organo di controllo a nomina pubblica e da un esposto di Domenico Di Carlo, presidente del consiglio di amministrazione della Ecoemme, la società mista partecipata anche dal Comune di Montesilvano che si occupa della raccolta differenziata nella zona vestina e nella quale si trova l'immancabile partecipazione privata di un'impresa dei Di Zio. Fondamentali saranno anche i contributi dell’ex citymanager di Montesilvano, Rodolfo Rispoli, che porteranno gli inquirenti a mettere uno dopo l'altro i tasselli di un intricato puzzle che da Montesilvano si allarga a Pescara, fino a rimbalzare a Teramo e Chieti passando per il Fucino e la Marsica, feudi del segretario regionale Pdl, Filippo Piccone (non indagato in questo filone). Una inchiesta ancora una volta diretta in perfetta solitudine dalla procura di Pescara che, come successe già nella Sanitopoli di Del Turco, sconfina nell’intera regione e anche questa volta è facile ipotizzare medesimi problemi di competenza territoriale, spesso l'asso nella manica degli avvocati difensori. Per gli inquirenti, però, gli accordi corruttivi principali si sono perfezionati nel distretto pescarese e a Pescara vi è la sede dell’assessorato alla sanità presieduto da Venturoni, anche lui abituato a sconfinare nel campo assegnato alla sua collega Daniela Stati, l’ambiente. Secondo gli inquirenti l'obiettivo prefissato della famiglia di imprenditori era quella di creare in Abruzzo, grazie ai favori comprati della politica, una situazione di emergenza nel campo dei rifiuti come quello della Campania, che avrebbe permesso di prendere decisioni veloci e immediate, grazie alla stessa emergenza. In queste condizioni sarebbero aumentati i prezzi e le tariffe di cittadini e Comuni ( ciò che sta accadendo adesso, nell'anno corrente 2011) da devolvere ai consorzi e alle ditte che effettuavano il servizio di smaltimento, come detto spesso facenti capo alla stessa famiglia Di Zio. Come pure la raccolta differenziata era percepita dal potente imprenditore come un pericolo e per questo non doveva decollare… OBIETTIVO FINALE: COSTRUIRE IL TERMOVALORIZZATOREL'obiettivo finale era quello di costruire un termovalorizzatore ma partendo da un impianto che producesse il cosiddetto CDR, cioè rifiuti compressi (ecoballe) che possono essere utilizzate soltanto come combustibile per inceneritori, impianti altamente dannosi per la salute poiché sprigionano, spesso, un alto inquinamento atmosferico. Ma non è stato questo uno dei problemi principali della classe politica dirigente. Anzi all'interno del Pdl si sarebbero contrapposti per diversi mesi due blocchi: uno facente capo a Venturoni-Di Zio per la costruzione dell'inceneritore teramano e l'altro a Piccone interessato direttamente alla costruzione di un inceneritore nella Marsica. L'indagine intanto continua anche se i pm, Nicola Trifuoggi, Gennaro Varone, Annarita Mantini, reputano in gran parte terminato e già definito il quadro delle contestazioni che non sono emerse e che riguardano proprio la parte iniziale dell'inchiesta: il versante pescarese. Intanto ieri contestualmente alle notifiche delle ordinanze di custodia cautelare a Lanfranco Venturoni e Di Zio e di avvisi di garanzia agli altri 10 indagati, sono scattate le perquisizioni in diverse zone dell’Abruzzo ma anche a Roma. Ed è solo l’ennesimo scandalo politico abruzzese a poco più di due anni dall’ultima umiliazione. da "PrimaDaNoi.it" in data 23/09/2010 -un'inchiesta che non ha mai fine!- |
domenica 7 agosto 2011
INCHIESTA "RE MIDA": PIU' GRANDE DI SANITOPOLI. AL SERVIZIO DI DI ZIO
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