venerdì 5 agosto 2011

I Rifiuti Urbani sono una fonte di energia rinnovabile?



L’Unione Europea crede nelle fonti energetiche rinnovabili e con la Direttiva 2001/77/CE si è posta l’obiettivo minimo di produrre il 22,1% di elettricità da fonti energetiche rinnovabili entro il 2010. E per non sbagliare, in questo stesso Decreto la stessa Unione Europea ha fatto un puntuale elenco di quali sono le fonti di energia rinnovabile:
  • Eolica
  • Solare
  • Geotermica
  • Moto ondoso
  • Maremotrice (maree)
  • Idraulica
  • Biomassa
  • Gas di discarica
  • Gas residuati dai processi di depurazione e biogas
Per evitare confusione il decreto precisa anche cosa si intende per biomasse: “La parte biodegradabile dei prodotto, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura (comprendenti sostanze vegetali ed animali) e dalla silvicoltura e dalle industri connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani”.
E conoscendo i suoi “polli”, nel preambolo della Direttiva, al punto 8, la Direttiva precisa:

“Nel contesto di un futuro sistema di sostegno alle fonte energetiche rinnovabili non bisognerebbe promuovere l’incenerimento dei rifiuti urbani non separati, se tale promozione arrecasse pregiudizio alla gerarchia di trattamento dei rifiuti (prima ridurre, poi riciclare, poi recuperare materia, infine recuperare energia.)

Nel dicembre 2003, con il Decreto n 387, l’Italia recepisce questa direttiva e all’art. 2, comma a, diligentemente chiarisce quali sono le fonti energetiche rinnovabili, riprendendo alla lettera  l’elenco della UE.
Il Decreto 387, a sua volta, si propone di promuovere la produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili con incentivi economici denominati “Certificati Verdi”.
In sintesi, il 2% di elettricità che le aziende italiane producono o importano deve derivare da fonti rinnovabili. Le quote di energia rinnovabile che spettano a ogni azienda possono essere autoprodotte oppure acquistate, sotto forma di Certificati Verdi, da chi effettivamente produce energia elettrica da fonte rinnovabile.
Il valore di un Certificato Verde varia in base alle richieste del mercato: nel 2004 un chilowattora da fonte energetica “rinnovabile” è stato pagato 9,74 centesimi. Oltre a questo eco incentivo, lo stesso chilowattora prodotto da fonte rinnovabile, ha ricevuto dal gestore della rete il valore corrente pagato per l’elettricità prodotta da fonte convenzionale (5,6 centesimi/kwh), totalizzando un guadagno complessivo di 15,34 centesimi a chilowattora.
Arrivato alla lettura dei primi articoli del Decreto 387, l’ambientalista “DOC” si sentirebbe in dovere di ringraziare  il ministro che lo ha firmato, per il sostanziale contributo dato allo sviluppo dell’energia rinnovabile , ma arrivato all’art 17 , lo stesso ambientalista sarebbe costretto a ricredersi, in quanto con un colpo di genio, tutto italico, la lobby degli inceneritori è riuscito ad introdurre nel Decreto, questo codicillo:
“ …sono ammessi  a beneficiare del regime riservato alle fonti energetiche rinnovabili i rifiuti, ivi compresa, anche tramite il ricorso a misure promozionali, la frazione non biodegradabile e i combustibili derivati dai rifiuti…”

Nel 2003, in Italia, sono stati emessi 34.617 Certificati Verdi (un Certificato Verde equivale alla produzione di 100.000 chilowattore di elettricità).
La maggior parte di questi certificati derivano dalla produzione di elettricità da vere fonti rinnovabili: idroelettrica (39,6%), geotermica (32,6%), eolica (12,2%), fotovoltaica (0,1%).
La produzione di elettricità prodotta bruciando biomasse e rifiuti, la cui rinnovabilità è alquanto dubbia, visto che l’unica componente dei rifiuti degna di attenzione per il suo potere calorifico sono le plastiche, ha coperto il 15,6% della emissione di Certificati Verdi, il cui valore commerciale è stato di 44,5 milioni di euro.
Pertanto, grazie al trucchetto dell’articolo 17, si è fatto un piacere ai gestori di inceneritori e si sono sottratti gran parte dei 44,5 milioni di euro di incentivi alle vere fonti energetiche rinnovabili.

Ma il “piatto” dell’incenerimento dei rifiuti è ancora più ricco e anche, è il caso di dirlo, più sporco.
Nel 1992, il Comitato Interministeriale dei prezzi, con la Delibera del 29 aprile, aveva già provveduto, con il sesto provvedimento emanato quell’anno (di qui il nome comune di questo provvedimento: CIP6) ad incentivare (poco) le autentiche fonti energetiche “rinnovabili” mentre chiaramente lo scopo di questo decreto era di agevolare in primo luogo le fonti “assimilabili”, tra le quali, oltre ai soliti rifiuti urbani, gli  “scarti di lavorazione e fonti fossili prodotte esclusivamente da giacimenti minori isolati”. Non ci è chiaro chi siano i beneficiari di questa Delibera ,ma sicuramente  la maggior parte dei finanziamenti del CIP6 vanno a queste fonti  energetiche “assimilate” a quelle rinnovabili solo dal fatto che ricevono gli stessi incentivi.
Come si diceva, il piatto dei CIP6 è enormemente più ricco di quello dei Certificati Verdi, in quanto nel 2004 gli incentivi CIP6 sono stati di ben 2,4 miliardi di euro, di cui l’8% (circa 200 milioni di euro) è andato ancora una volta ai termovalorizzatori, in particolare all’inceneritore di Brescia che “termovalorizzando” 700.000 tonnellate annue di rifiuti e biomasse ha incassato, come incentivi CIP6, qualcosa come 69 milioni di euro, pagati da tutte le famiglie italiane con la loro bolletta della luce.
Pertanto nel 2004, grazie a CIP6 e Certificati Verdi, i novanta termovalorizzatori di biomasse e rifiuti, attualmente in funzione in Italia, hanno ricevuto incentivi per 144 milioni di euro,  pagati letteralmente da tutti gli italiani e sottratti allo sviluppo delle vere fonti energetiche rinnovabili.
Ad esempio, questa bella cifra avrebbe potuto incentivare l’installazione di decine di migliaia di pannelli foto-voltaici che costano ancora molto, ma hanno un impatto ambientale nullo e la possibilità, anche per pochi metri quadrati, di essere collocati su gran parte dei tetti, delle terrazze, delle tettoie, delle pensiline del nostro Bel Paese.
In questo modo ogni famiglia italiana potrebbe immettere direttamente in rete l’elettricità prodotta con energia solare e diventata produttrice, godere legittimamente, come da tempo si fa in Germania, dei vantaggi economici dei Certificati Verdi.


(Questo articolo è necessario per rendere
chiara la faccenda italiana,innanzitutto)


 

Nessun commento:

Posta un commento